Valido l’appello dell’Agenzia che si limita a ribadire le stesse ragioni illustrate in primo grado
Ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”; al riguardo, si ritiene assolto l’onere di impugnazione specifica previsto dalla norma richiamata qualora l’Amministrazione fiscale si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 11 febbraio 2020, n. 15531, depositata lo scorso 21 luglio (in tal senso si segnalano altresì Cass. 29 febbraio 2012, n. 3064 , 28 febbraio 2011, n. 4784 , 30 dicembre 2016, n. 27497 e n. 27498 , 22 marzo 2017, n. 7369, 27 giugno 2017, n. 16037 e 5 ottobre 2018, n. 24641).
Per i giudici di legittimità, in particolare, anche se – in coerenza con quanto statuito dalle Sezioni Unite (pronuncia 16 novembre 2017, n. 27199) – con riguardo agli articoli 342 e 434 del codice di procedura civile è necessario che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante finalizzate a criticare e confutare le ragioni del primo giudice, ciò non significa tuttavia che anche la mera riproposizione delle argomentazioni originariamente dedotte non assolva a tale requisito, posto che i motivi di appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l’atto di appello contenga una esplicita motivazione che, letta anche alla luce delle conclusioni formulate, consenta di ritenere, in termini inequivoci, che le doglianze investano l’intero atto impugnato.