Usura, ai fini dell’integrazione del reato la Cassazione è ancorata a criteri oggettivi
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Ai fini dell’integrazione del reato di usura, è sufficiente l’oggettiva usurarietà delle condizioni economiche stabilite dalle parti, con la conseguenza che non è necessario che l’agente abbia posto in essere una condotta volta ad indurre la persona offesa a dargli o promettergli interessi o altri vantaggi usurari, né vale ad escludere il reato l’avere la persona offesa volontariamente accettato tali condizioni o assunto, essa stessa, l’iniziativa di avviare le negoziazioni: lo ha affermato la seconda sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza 26 aprile 2019, n. 38551, depositata lo scorso 18 settembre.
I giudici di legittimità ricordano inoltre quanto segue:
- in dottrina si ammette pacificamente che ai fini dell’integrazione del reato di usura, nonostante il fatto che la formulazione legislativa “si fa dare o promettere” sembri presupporre l’iniziativa dell’usuraio, non rileva neppure il fatto che l’iniziativa di dare il via alla negoziazione usuraria sia stata presa non dall’usuraio ma dal soggetto che ha necessità del prestito. La ratio dell’incriminazione risiede infatti nell’esigenza di impedire le pattuizioni ad usura, e non vi è alcuna ragione sostanziale per ritenere che l’usura implichi una iniziativa del soggetto attivo e per escludere il reato nei casi (tra l’altro più frequenti) in cui sia la vittima a rivolgersi all’usuraio;
- la giurisprudenza non ha mai riconosciuto rilevanza – ai fini dell’integrazione del reato – al fatto che l’iniziativa sia stata presa dall’una piuttosto che dall’altra parte della negoziazione usuraria.
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