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TFR: regole di contabilità e rivalutazione

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Il Tfr è disciplinato dall’art. 2120 Codice civile in base al quale “In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni”.

Il TFR rappresenta una forma di retribuzione differita, ovvero una somma che matura in costanza di rapporto di lavoro, ma che la cui erogazione viene posticipata, generalmente alla cessazione del rapporto di lavoro. Ma anche in ipotesi di dimissioni volontarie o licenziamento per giusta causa. A ogni modo, la legge deroga alla contrattazione collettiva la possibilità di includere o escludere determinati elementi dalla retribuzione imponibile.

Dal punto di vista degli adempimenti ai fini del bilancio, nella voce del passivo dello stato patrimoniale “Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato” deve essere indicato l’importo calcolato a norma dell’art. 2120 c.c. (art. 2424-bis, comma 4, c.c.).

Il relativo accantonamento deve essere, invece, indicato nella voce B9 del conto economico, alla lett. c).

Adempimenti da effettuare in linea con l’OIC 31 in base al quale Il TFR spettante al personale dipendente in forza di legge o di contratto (art. 2120 c.c.) al momento di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, costituisce onere retributivo certo da iscrivere in ciascun esercizio con il criterio della competenza economica.

La passività è iscritta tenendo conto al totale delle singole indennità maturate a favore dei dipendenti alla data di chiusura del bilancio, al netto degli acconti erogati, dunque è pari a quanto si sarebbe dovuto corrispondere ai dipendenti nell’ipotesi in cui a tale data fosse cessato il rapporto di lavoro.

Inoltre, la nota integrativa deve fornire le seguenti informazioni sul trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato (art. 2427 c.c.):

  • le variazioni intervenute nella consistenza, le utilizzazioni e gli accantonamenti;
  • l’eventuale ammontare rimborsabile da società assicuratrici e l’indicazione della voce di bilancio in cui tale ammontare è iscritto;
  • l’ammontare del Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato, relativo a contratti di lavoro non ancora cessati, di cui si prevede il pagamento nell’esercizio successivo a seguito di dimissioni incentivate o di piani di ristrutturazione aziendale.

Come in parte accennato, la quota annua del TFR, quota di competenza, si ottiene dividendo la retribuzione dovuta dal 1° gennaio al 31 dicembre per il coefficiente fisso pari a 13,5. Nel caso di prestazione svoltasi per un periodo inferiore all’anno solare si divide per 13,5 la retribuzione dovuta nel minor periodo considerando mesi utili le frazioni pari o superiori a 15 giorni ed escludendo le frazioni inferiori a 15 giorni.

Per i lavoratori iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti INPS, fatta eccezione per coloro i quali il contributo a carico del datore di lavoro è pari alla marca apprendisti, dall’importo così determinato deve essere detratto lo 0,50% calcolato sull’imponibile previdenziale.

Al 31 dicembre di ogni anno (o nel diverso mese in cui cessa il rapporto) il TFR complessivo, esclusa la quota relativa all’anno in corso, va rivalutato con l’applicazione di un tasso composto dal 75% dell’indice ISTAT.

La rivalutazione così determinata va diminuita dell’imposta sostitutiva prevista dal D.Lgs. n. 47/2000, all’art. 11 comma 3.

La rivalutazione trova ragione nel fatto che il TFR si qualifica come retribuzione differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro (in tal senso ad esempio la Cass. Ord. 13 febbraio 2023, n. 436).

Al trattamento così rivalutato va sommata la quota dell’anno in corso. Il tutto, quindi, sarà rivalutato al 31 dicembre dell’anno successivo.

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