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Test di vitalità: ammesse le perdite fiscali della società incorporata

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Ai sensi dell’art. 172 del Tuir, le perdite fiscali delle società partecipanti alla fusione, compresa l’incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione, incorporante o beneficiaria:

  1. per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa;
  2. qualora dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 del codice civile, superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

Al fine di contrastare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali nella fusione, l’art. 172, comma 7, del Tuir richiede che la società la cui perdita si vuole riportare, sia operativa: di conseguenza, viene negato il diritto del riporto delle perdite se non esiste più l’attività economica cui tali perdite si riferiscono (in tal senso si richiamano le Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate 24 ottobre 2006, n. 116/E e 10 aprile 2008, n. 143/E, nonché la Circolare 9 marzo 2010, n. 9/E).

Al riguardo, con la Risposta all’istanza di interpello 15 ottobre 2019, n. 416, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che è possibile disapplicare il richiamato art. 172, comma 7, del Tuir, in relazione alle perdite fiscali e agli interessi passivi indeducibili della società incorporata: quest’ultima, infatti, non può essere considerata società priva di capacità produttiva.

Si ricorda che con la Risposta 10 gennaio 2019, n. 3, le Entrate avevano ribadito che i requisiti minimi di vitalità economica devono sussistere non solo nel periodo precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, così come si ricava dal dato letterale, ma devono continuare a permanere fino al momento in cui la fusione viene attuata (a conclusioni analoghe erano approdate la richiamata , e – recentemente – la Risposta all’istanza di interpello 17 dicembre 2018, n. 109).

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