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Terzo Settore, attività “diverse” ammesse anche se non connesse a quelle istituzionali

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Per gli enti del Terzo Settore, le attività “diverse” si considerano strumentali rispetto alle attività di interesse generale se sono esercitate dall’ente del Terzo Settore per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo.

Tale regola si applica a prescindere dall’oggetto di tali attività “diverse”: ciò significa che la natura strumentale delle attività “diverse” non è conseguenza del tipo di bene o servizio prodotto o scambiato, ma solo del loro essere finalizzate a supportare, sostenere, promuovere o agevolare il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente.

Di conseguenza, la natura strumentale di un’attività va verificata sulla base della sua capacità di favorire il perseguimento degli obiettivi tipici dell’ente del Terzo Settore.

E ciò qualunque sia il tipo di attività diversa svolta e a prescindere dal suo grado di connessione con l’attività di interesse generale esercitata.

È quanto prevede il decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che – in attuazione dell’art. 6 del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore) – disciplina le attività “diverse” da quelle di interesse generale, di cui al precedente art. 5.

Si ricorda inoltre che le attività “diverse” si considerano secondarie rispetto alle attività di interesse generale se, in cascun esercizio:

  1. i relativi ricavi non sono superiori al 30 per cento delle entrate complessive dell’ente del Terzo Settore, oppure
  2. i relativi ricavi non sono superiori al 66 per cento dei costi complessivi dell’ente stesso.

I due limiti sono alternativi tra loro, essendo sufficiente che sia rispettato uno dei due limiti affinché lo svolgimento di attività “diverse” sia legittimo.

L’organo di amministrazione, infine, è tenuto a documentare il carattere secondario e strumentale delle attività “diverse”, a seconda dei casi, nella relazione di missione o in una annotazione in calce al rendiconto per cassa o nella nota integrativa al bilancio (art. 13, comma 6, del D.Lgs. n. 117/2017).

A tal fine l’organo amministrativo deve anche indicare il criterio utilizzato

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