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Tasse, dichiarate ma non pagate

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Gli italiani dichiarano ma non pagano. Soltanto, poco più del 20%, una percentuale alquanto limitata degli importi complessivamente dovuti torna nelle casse dello Stato per effetto delle attività di recupero svolte dall’Agenzia delle entrate.

È uno dei segnali di allarme contenuti nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’anno 2023, presentata ieri, 27 giugno 2024, a Roma, dalla Corte dei Conti.

La corte da una parte valuta positivamente la crescita delle entrate tributarie riconducibili ai controlli e l’incremento delle comunicazioni di irregolarità e delle lettere di compliance inviate ai contribuenti; mentre dall’altra parte continuano a preoccupare le dimensioni dell’evasione fiscale e la scarsa capacità di contrasto degli strumenti messi in campo. A preoccupare, inoltre, la crescita dei forfetari che hanno raggiunto quota 2 milioni, dal mancato versamento spontaneo da parte dei contribuenti, per quote rilevanti, delle imposte dovute e dichiarate nonché del numero, sempre troppo elevato, di controlli indirizzati verso posizioni per le quali risulta elevato il rischio di infruttuosità delle azioni di riscossione.

Dichiaro ma non verso le tasse

Un fenomeno preoccupante, evidenziato dalla magistratura contabile, e in crescita è rappresentato dai contribuenti che presentano la dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, dell’Irap e dell’Iva e non versano in maniera spontanea quote rilevanti delle imposte dovute e dichiarate. È da tale comportamento che si innesca la crescita del numero e degli importi richiesti dall’amministrazione finanziaria con gli avvisi di irregolarità. Ma anche sotto questo profilo i dati evidenziati dalla Corte dei Conti non sono incoraggianti.

Il gettito indotto da tali comunicazioni, frutto della liquidazione delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, si attesta su livelli troppo bassi. Le riscossioni delle imposte a seguito di comunicazioni di irregolarità non annullate, si legge nella relazione, rappresentano infatti poco più del 20% del totale richiesto. In particolare riporta la relazione della corte dei conti «è elevata l’incidenza dell’IVA, che costituisce circa il 60 per cento del non versato. Lo stesso accade per i controlli documentali: delle somme dovute sono versate in media meno del 30 per cento».

La Corte dei Conti non vede di buon occhio nemmeno l’appeal dei contribuenti italiani verso il regime forfetario (la c.d. flat tax). Si tratta di un regime che può costituire un freno alla crescita dimensionale delle imprese (e degli studi professionali ndr) e che, al tempo stesso, non costituisce per i contribuenti che lo utilizzano, uno stimolo a documentare le componenti passive del reddito.

La rottamazione fa crescere le entrate tributarie

Giudizio positivo della magistratura contabile sui dati che evidenziano una crescita delle entrate relative alle attività di controllo e accertamento fiscale. Tali entrate raggiungono infatti quota 74 miliardi contro i 54,1 miliardi del 2022. Crescita dovuta anche grazie agli inaspettati risultati della rottamazione-quater (legge 197/2022) che ha portato alle casse erariali nel 2023 ben 6,8 miliardi contro i 2,8 previsti inizialmente.

Anche se sottolinea la corte che la rottamazione quater, pur presentando un risultato superiore alle attese, a fronte di 6,8 miliardi riscossi, registra omessi versamenti di rate per 5,4 miliardi.

Dati positivi delle attività di accertamento che contrastano con i dati numerici degli stessi. Il numero di accertamenti ordinari realizzati nel 2023 (oltre 175 mila) risulta infatti ancora in diminuzione rispetto al 2022 (-14 mila accertamenti circa, con una riduzione del 7,5%) e ampiamente inferiore ai risultati pre-pandemia (oltre 267 mila controlli nel 2019).

Da evidenziare anche che, come avvenuto in passato, si assiste ad una concentrazione dei risultati monetari nella fascia di recupero oltre i 10 milioni di euro che rappresentano circa il 33,4% per cento delle entrate complessive.

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