Società in house, posizione dei comuni assimilabile a quella della generalità dei soci
La società di capitali con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici (comune, provincia e simili) ne posseggono le partecipazioni, in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della società medesima, la persona dell’azionista, dato che la società, quale persona giuridica privata, opera comunque nell’esercizio della propria autonomia negoziale.
Il rapporto tra la società e l’ente locale è, cioè, di sostanziale autonomia, al punto che non è consentito al comune di incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo (e sull’attività dell’ente collettivo) mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali (così, da ultimo, Cass. n. 5346 del 22 febbraio 2019; si vedano, altresì, Cass., Sezioni Unite, n. 7799 del 15 aprile 2005; Cass., Sezioni Unite, n. 392 dell’11 gennaio 2011; Cass., Sezioni Unite, n. 8454 del 26 agosto 1998; Cass., Sezioni Unite, n. 4989 del 6 maggio 1995; Cass. n. 3196 del 7 febbraio 2017; con specifico riferimento alla società in house, si veda Cass., Sezioni Unite, n. 7759 del 27 marzo 2017; Cass. n. 7222 del 22 marzo 2018).
Tale caratteristica non viene meno in caso di società c.d. in house providing, in funzione dell’esistenza di un “controllo analogo” del Comune nei confronti della società.
Invero, il c.d. controllo analogo esercitato dall’Amministrazione sulla società partecipata serve a consentire all’azionista pubblico di svolgere un’influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, così da rendere il legame partecipativo assimilabile a una relazione interorganica.
Tuttavia questa relazione interorganica non incide affatto sull’alterità soggettiva dell’ente societario nei confronti dell’amministrazione pubblica, dovendosi mantenere infine pur sempre separati i due enti – quello pubblico e quello privato societario – sul piano giuridico formale, in quanto la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall’ente partecipante (Cass. n. 5346/2019).
In altre parole, la natura di ente in house deriva da una visione sostanziale del fenomeno tipico dell’approccio funzionale seguito in sede europea, nell’ambito del quale gli istituti giuridici elaborati a livello sovranazionale sono applicati sulla base della reale essenza della fattispecie concreta, a prescindere dalle qualificazioni formali vigenti negli ordinamenti dei singoli Paesi membri.
Tali principi sono stati affermati anche dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza 28 giugno 2022, n. 31344, depositata lo scorso 24 ottobre.
Per i giudici di legittimità, inoltre, nell’ambito dell’ordinamento nazionale non è prevista – per le società in house così come per quelle miste – alcuna apprezzabile deviazione rispetto alla comune disciplina privatistica delle società di capitali, nel senso che la posizione dei comuni all’interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito.
Pertanto solo in tale veste l’ente pubblico può influire sul funzionamento della società, avvalendosi non di poteri pubblicistici ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri presenti negli organi della società (Cass. n. 21658/2021).