Società di capitali a ristretta base sociale, presunta l’attribuzione ai soci di utili extracontabili
Secondo un consolidato orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale (o a base familiare), è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che vanno imputati al socio nell’anno in cui sono conseguiti, semprechè il socio non dimostri che gli utili extracontabili non sono stati distribuiti perché accantonati e reinvestiti nella società.
Per la Corte di Cassazione, in particolare:
- tale presunzione non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale;
- una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi ai contribuente fornire la prova contraria (in tal senso si segnalano l’ordinanza 24 gennaio 2019, n. 1947 – secondo la quale anche la presenza di un amministratore di fatto non esclude l’operatività di tale presunzione – nonché le pronunce nn. 15824/2016, 32959/2018 e 27778/2017); con specifico riferimento alle società di capitali a base familiare ristretta, è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili che, “attesa la mancanza di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio trattandosi di utili occulti, deve ritenersi avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli stessi sono stati conseguiti” (così, Corte di Cassazione, sez. V, sentenza 18 dicembre 2015, n. 25468; in senso analogo, Cass. nn. 7564/2003, 24572/2014, 25271/2014 e 5581/2015).
I principi sopra illustrati sono stati ora confermati dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 26 febbraio 2019, n. 7817, depositata lo scorso 20 marzo.
Nell’occasione gli Ermellini hanno fornito precisazioni anche in merito ai requisiti per ritenere l’impugnazione viziata sotto il profilo della carenza di motivazione, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.