Società a ristretta base azionaria, si presume l’attribuzione pro-quota degli utili non contabilizzati
Secondo un consolidato orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria nei confronti della quale siano stati accertati utili non contabilizzati, si presume l’attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi (in tal senso si segnalano le pronunce della Corte di cassazione nn. 27778/2017, 24534/2017, 18032/2013, 1924/2008, 16885/2003, 10951/2002 e 7174/2002).
Per i giudici di legittimità, in particolare, tale presunzione non contrasta con il divieto di presunzione di secondo grado, “in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale” (così, Cass. nn. 1947/2019,15824/2016 e 25271/2014).
Tale principio è stato ora confermato dalla quinta Sezione tributaria della Suprema Corte con la sentenza 3 aprile 2019, n. 11662, depositata lo scorso 3 maggio.
Con l’ordinanza 3 gennaio 2019, n. 43, la Cassazione aveva affermato che nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati invece accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non essendo tuttavia a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Corte di cassazione, sentenza 22 novembre 2017, n. 27778; ordinanza 18 ottobre 2012, n. 17928; sentenza 2 marzo 2011, n. 5076, ordinanza 21 novembre 2018, n. 30069).