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Se il Fisco contesta il regime del margine rileva anche la buona fede del contribuente

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Qualora l’amministrazione tributaria ritenga che il contribuente abbia indebitamente fruito del regime del margine, deve contestarne l’esistenza dei presupposti, oggettivi o soggettivi, adducendo elementi specifici e concreti (anche, ovviamente, aventi efficacia meramente presuntiva) e non, quindi, in modo generico.

A questo punto spetterà al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando la propria buona fede, intesa come comprensiva sia dell’assenza di consapevolezza che il suo acquisto si iscriveva nel contesto di un’evasione dell’Iva, sia dell’uso della necessaria diligenza, ossia di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili da parte di un operatore accorto, al fine di assicurarsi che una tale evenienza dovesse escludersi.

Tale principio – espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 12 settembre 2017, n. 21105 – è stato ora ribadito dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con la sentenza 5 febbraio 2018, n. 9851, depositata lo scorso 20 aprile.

Nell’occasione è stato precisato in particolare che con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, il cessionario deve provare la propria buona fede, cioè di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto – al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto, condotta che include anche l’individuazione, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione in suo possesso (“eventualmente integrati da elementi di agevole e rapida reperibilità”), dei precedenti intestatari del veicolo, al fine di accertare se l’Iva sia stata già assolta a monte da altri, nell’ambito della catena di fornitura, senza possibilità di detrazione.

Ne deriva che in caso di esito positivo, il diritto di applicare il regime del margine dev’essere riconosciuto anche qualora il Fisco dimostri, attraverso indagini e controlli inesigibili dal contribuente, che in realtà l’imposta, per qualsiasi motivo, non era stata detratta, mentre quando dalla verifica del contribuente emerga che i precedenti titolari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria, in base al criterio di normalità probabilistica) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte per l’acquisto dei veicoli stessi, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del diritto alla fruizione del trattamento fiscale più favorevole.

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