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Scambi black list: si applicano le sanzioni per il passato?

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Come noto, la legge di Stabilità 2016 ha abrogato le disposizioni che rendevano indeducibili, dal reddito di impresa, i costi sostenuti nell’ambito delle transazioni economiche e commerciali intrattenute con fornitori residenti in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato.

Nello specifico, per agevolare gli scambi internazionali, il legislatore ha eliminato nel nostro Testo Unico delle Imposte sui Redditi, i commi da 10 a 12-bis dell’articolo 110 del Tuir.

Simmetricamente, a partire dal 2016, i costi black list sono deducibili dal reddito d’impresa in base alle norme generali previste per i componenti del reddito d’impresa ex articolo 109 del Tuir, a norma del quale i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza e sulla base dei noti principi di inerenza, certezza ed obiettiva determinabilità.

Tuttavia, l’eliminazione del regime speciale di indeducibilità dei “costi black list”, compreso l’obbligo di indicazione nella prescritta dichiarazione dei redditi, non è stata formalmente accompagnata dall’abrogazione della norma che sanziona l’inadempimento dichiarativo (ex articolo 8, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 471/1997).

Per tale motivo, risulta indispensabile per il contribuente valutare l’operatività della sanzione eventualmente irrogata con provvedimento non ancora definitivo, relativamente ai periodi d’imposta in cui ancora rilevava l’obbligo di separata indicazione in dichiarazione, ossia per le annualità 2012, 2013, 2014 incluso il 2015 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

Sulla base di una prima valutazione, si potrebbe ritenere che la sanzione non risulti applicabile sulla base del principio del c.d. favor rei di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 472/1997, tenuto conto che è stato eliminato l’obbligo di indicazione dei costi black list, a cui era correlata la relativa sanzione.

In merito, la circolare del Ministero delle Finanze n. 180 del 10 luglio 1998 ha previsto che come logica conseguenza dell’abolizione, nel settore sanzionatorio tributario non penale, della regola dell’ultrattività, il comma 2 dell’articolo 3 del citato D.Lgs. 472/1997 stabilisce che, salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che in base ad una legge sopravvenuta non costituisce più violazione punibile. Tuttavia, prosegue il documento di prassi, non trattandosi di un principio di rango costituzionale lo stesso può essere derogato dalla legge. La particolare circostanza può accadere quando le previsioni sanzionatorie siano legate a circostanze eccezionali che ne rendano probabile una limitata efficacia temporale. In tal caso, infatti, il favor rei si tradurrebbe nell’impunità del soggetto, in grado di prevedere agevolmente l’abrogazione della disposizione sanzionatoria.

L’annosa questione è stata recentemente risolta dall’Agenzia delle Entrate la quale, nella circolare 39/E/2016, ha confermato l’applicazione delle sanzioni anche per il passato.

Il citato documento di prassi, facendo testualmente riferimento a quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 6651 del 21 gennaio 2016, ha posto in evidenza che non assume rilevanza lo ius superveniens rappresentato dalla norma abrogativa della disciplina in esame stante l’irretroattività prevista in linea generale dall’articolo 11 delle preleggi, nonché dalla specifica disciplina transitoria di cui all’articolo 1, comma 144, della legge di Stabilità 2016, il quale prevede che: “le disposizioni di cui ai commi 142 e 143 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”.

In merito, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, sulla base di tale disciplina transitoria, non può essere invocato neanche il principio del favor rei, previsto nel nostro sistema tributario nell’ambito delle disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.

Infatti, sulla base della normativa prevista dall’articolo 3 del D.Lgs. 472/1997 il principio generale del favor rei può essere derogato dal legislatore solo con una espressa previsione di legge.

In buona sostanza, gli ermellini hanno confermato l’esercizio di tale potere di deroga da parte del legislatore, prevedendo l’irretroattività delle norme più favorevoli.

Per tale motivo l’Agenzia delle Entrate ritiene che, con riferimento ai periodi d’imposta precedenti al 2016, potranno essere applicate sia la sanzione prevista per l’omessa separata indicazione dei costi black list, sia la sanzione per dichiarazione infedele qualora i costi sostenuti fossero considerati totalmente o parzialmente indeducibili in assenza delle due esimenti in precedenza previste dall’articolo 110, comma 11, del Tuir.

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