Sanzioni tributarie, in capo al contribuente l’onere di provare la “incertezza normativa”
In materia di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva costituisce una causa di esenzione da responsabilità del contribuente, ai sensi degli articoli 8 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 6, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e 10, comma 3, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente).
Per la Corte di Cassazione, a tal fine si richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, cioè l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento di interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (in tal senso, Cass. 28 novembre 2007, n. 24670, 16 febbraio 2012, n. 2192, 26 ottobre 2012, n. 18434, 11 febbraio 2013, n. 3245 e 22 febbraio 2013, n. 4522).
Ne deriva che l’incertezza normativa è la situazione giuridica oggettiva caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, di individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie.
Al riguardo i giudici di legittimità hanno affermato che l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato di ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria (Cass. 11 settembre 2009, n. 19638).
L’onere della prova grava sul contribuente, il quale è tenuto ad indicare gli elementi di confusione che conducono a tale incertezza (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29368).
I principi che precedono sono stati confermati da ultimo dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 12 giugno 2018, n. 21307, depositata lo scorso 29 agosto.