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Sanatoria, corsa contro il tempo

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È ufficialmente partita la corsa contro il tempo per formalizzare l’adesione allo scudo fiscale, concesso per le annualità 2018-2022, e collegato al concordato preventivo biennale.

Lo scudo è infatti ufficialmente entrato in vigore da ieri con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale serie generale 336 della legge 143/2024 (di conversione del decreto legge Omnibus 113/2024) ma la disposizione troverà piena operatività solo dopo che l’agenzia delle entrate avrà pubblicato il correlato provvedimento con termini e la modalità di adesione.

Intanto però i tempi si stringono. Entro fine mese infatti si chiuderà la finestra temporale per aderire al concordato preventivo biennale, la cui opzione è inderogabile se si vuole fruire dello scudo fiscale ed il 31 marzo 2025 invece è la data ultima per effettuare il versamento della prima o unica rata della definizione delle annualità scudabili.

In questo intermezzo, tra il 31 ottobre 2024 ed il 31 marzo 2025, qualora non dovesse essere pubblicato e messo a disposizione celermente il provvedimento dell’agenzia delle entrate, i contribuenti che hanno optato per il concordato preventivo biennale rischiano di perdere l’accesso allo scudo qualora gli venga notificato da parte del fisco un processo verbale di constatazione o uno schema di atto di accertamento, di cui all’articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, ovvero un atto di recupero di crediti inesistenti.

C’è il rischio di perdere l’accesso allo scudo se viene notificato da parte del fisco un processo verbale di constatazione o uno atto di accertamento

Ai sensi infatti del neo comma 9 dell’articolo 2-ter il nuovo ravvedimento speciale (o meglio lo scudo) non si perfeziona se il pagamento, in unica soluzione della prima rata delle imposte sostitutive, è successivo alla notifica di uno dei pocanzi citati atti.

Va ricordato che invece per il solo periodo di imposta 2018, il ravvedimento non si perfeziona se sono stati notificati processi verbali di constatazione o schemi di atto di accertamento, di cui all’articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, ovvero di atti di recupero di crediti inesistenti, entro la data di conversione del decreto-legge (il 113/2024) ovvero ieri 7 ottobre 2024.

Le incognite dello scudo. Oltre la corsa contro il tempo da parte dei contribuenti per formalizzare e portarsi a casa la protezione prevista dallo scudo attraverso, con tutta probabilità, la compilazione e l’invio di un nuovo e specifico modello di opzione all’agenzia delle entrate ed al contestuale (entro il 31 marzo prossimo) pagamento dell’imposta dovuta, restano sul tavolo una serie di incognite non solo dal punto di vista meramente pratico relative all’utilizzo della definizione in commento.

Se risulta ormai chiaro il legame tra Isa (applicati) e scudo, con quasi certa impossibilità di proteggere dal rischio rettifiche (ex articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all’articolo 54, secondo comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) le potenziali annualità nella quali rilevano causa di esclusione agli indici sintetici di affidabilità fiscale, non risultano ancora chiare le modalità di calcolo della base imponibile dell’imposta sostitutiva qualora il soggetto potenziale fruitore abbia l’annualità scudabile chiusa in perdita.

Inoltre restano da valutare tutti i rischi connessi alla decadenza del concordato preventivo biennale, soprattutto quella che scatta in caso di accertamenti sull’annualità 2023, quella “protetta” unicamente dalla franchigia del 30% al di sotto della quale eventuali rettifiche in aumento del reddito imponibile (“attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate”) non fanno venir meno il patto col fisco.

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