Sale and lease back: plusvalenza tassabile per competenza
Il “sale and lease back” rappresenta un contratto atipico con causa finanziaria con il quale un soggetto cede un bene ad una società di leasing al fine di riottenerlo in locazione finanziaria; l’obiettivo di tale operazione è permettere all’impresa di ottenere liquidità senza privarsi, di fatto, della disponibilità del bene ceduto che può continuare ad essere utilizzato dall’impresa stessa nello svolgimento della propria attività.
La questione dibattuta collegata a tale tipologia di operazione è la seguente: la plusvalenza realizzata a seguito di tale operazione deve essere tassata in base alle regole dell’articolo 86 del Tuir o può essere ripartita in relazione alla durata del contratto di leasing?
Da un punto di vista contabile, atteso che il contratto di lease back è sostanzialmente un’operazione di finanziamento, la plusvalenza va imputata al conto economico in quote costanti in base alla durata del leasing (e quindi in base alla durata del finanziamento).
Da un punto di vista fiscale non esiste un’apposita disciplina per l’operazione. Si fa così riferimento all’articolo 86, comma 4 del Tuir, in base alla quale “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso concorrono alla formazione del reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto”.
L’Amministrazione finanziaria è intervenuta in più di una occasione sul tema, evidenziando come il contratto in commento sia da suddividere in due operazioni autonome, quella di cessione e la successiva locazione finanziaria (C.M. 218/E/2000).
Secondo la successiva circolare AdE 38/E/2010, la plusvalenza rileva secondo le regole ordinarie dell’articolo 86 del Tuir. Si legge infatti come: “Posto che la modifica dell’articolo 2425-bis del codice civile non è stata accompagnata da una corrispondente modifica in ambito fiscale, devono ritenersi confermati i principi espressi nella circolare n. 218/E del 2000 e nei successivi documenti di prassi sopra citati, in virtù dei quali il regime tributario applicabile alla plusvalenza derivante da un’operazione di sale and lease back deve necessariamente essere quello previsto dall’articolo 86 e dall’articolo 109, comma 2, lett. a) del TUIR. Pertanto, la plusvalenza concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile nell’esercizio in cui è realizzata ovvero, qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto (cfr. risoluzione, n. 237/E/2009)”. In tal senso la Commissione Tributaria Provinciale di Roma con la sentenza n. 266/16/11.
Dubbi in merito a questa interpretazione erano stati tuttavia espressi già in passato da Assonime con la circolare n. 27/2010. Al punto 9.4, si legge che “da più parti in dottrina si è pervenuti a soluzioni opposte rispetto a quelle dell’Agenzia sostenendo che anche per le imprese non IAS, la plusvalenza costituirebbe una componente non riferibile alla semplice cessione del bene, ma, piuttosto, ad un negozio complesso ed atipico contraddistinto anche dalla causa finanziaria. In quest’ottica, il periodo d’imposta in cui collocare la plusvalenza dovrebbe essere individuato non già in base alle regole dell’articolo 109 del Tuir relative alla cessione di beni, bensì in conformità al disposto dell’articolo 109 comma 2, lettera b) del Tuir, in tema di prestazioni di durata”.
Peraltro, nella nota 70 della circolare è stato ricordato che “altri giungono alla stessa conclusione sostenendo che la competenza delle plusvalenze emergenti nell’ambito di operazioni di lease back, si manifesterebbe, di per sé, pro-rata temporis, lungo l’intero orizzonte temporale di durata dell’operazione e che questo criterio civilistico di imputazione temporale dovrebbe essere recepito negli stessi termini ai fini fiscali in virtù del principio di derivazione dell’imponibile dalle risultanze di bilancio”.
Ad avallare questa posizione è giunta la Cassazione con la sentenza n. 35294/2016. Secondo i giudici la particolare qualificazione dell’operazione, equiparata a tutti gli effetti ad un’operazione di finanziamento, non permette di ritenere applicabile l’articolo 86 del Tuir come se si trattasse di una normale compravendita. La ripartizione della somma finanziata per la durata del contratto di “sale and lease back”, invece, è coerente con la causa effettiva del contratto. Pertanto, siccome contabilmente il componente positivo viene ripartito sull’arco dell’intera durata contrattuale, così deve avvenire anche sotto il profilo delle imposte sul reddito.