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Rottamazione cartelle: il rimborso è escluso anche con giudizio a favore

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In tema di definizione agevolata delle controversie tributarie, vige il principio in base al quale il contribuente non può chiedere il rimborso delle somme pagate in virtù della definizione agevolata, perché in tal modo si verificherebbe un’inammissibile revoca della richiesta di definizione agevolata per una causa sopravvenuta non espressamente prevista dalla legge (cfr. Cass. n. 27067/2017).

Lo stesso principio è applicabile alla rottamazione delle cartelle, art. 1, commi da 618 a 624, della Legge n. 147/2013.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione, ordinanza n. 25945 del 5 settembre 2023 (udienza 14 giugno 2023).

Potevano essere oggetto di rottamazione i carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali, agenzie fiscali, regioni, province e comuni, affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013.

L’oggetto del contendere è legato all’emissione di un avviso di accertamento, con riscossione frazionata del debito in pendenza di giudizio ed emissione di due distinte cartelle di pagamento. Rispetto ad una di esse la società destinataria dell’accertamento aveva aderito alla rottamazione delle cartelle.

Dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che aveva dato ragione al contribuente (sentenza n. 11720/2016), lo stesso propose ricorso per ottemperanza chiedendo all’Agenzia delle Entrate, il rimborso integrale delle somme versate in seguito all’adesione alla sanatoria.

La CTR della Lombardia respinse però il ricorso, ritenendo che la scelta irrevocabile operata dalla contribuente e la conseguente estinzione del debito, comportava l’impossibilità di richiedere successivamente la restituzione di quanto versato.

Da qui si arriva al ricorso per Cassazione e controricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo la Corte di Cassazione il contribuente non può chiedere il rimborso delle somme pagate in virtù della definizione agevolata, perché in tal modo si verificherebbe un’inammissibile revoca della richiesta di definizione agevolata per una causa sopravvenuta non espressamente prevista dalla legge (cfr. Cass. n. 27067/2017).

In tal modo è spiegato il rigetto del ricorso e la condanna del contribuente al pagamento delle spese di giudizio di legittimità.

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