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Rettifica del valore degli immobili, i criteri previsti dalla legge sono pari ordinati

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Per effetto del combinato disposto degli articoli 43, comma 1, lettera a), e 51, commi 1 e 2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per gli atti di trasferimento di beni immobili la base imponibile alla quale commisurare le imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale è rappresentata dal valore indicato dalle parti nell’atto stesso. Tuttavia, se il valore non è indicato, oppure se il corrispettivo pattuito risulta superiore, la base imponibile è pari a quest’ultimo.

In sede di accertamento del valore l’Agenzia delle Entrate deve controllare la congruità del valore indicato dalle parti che deve riflettere il valore venale in comune commercio del bene compravenduto. A tal fine, il terzo comma dell’art. 51, D.P.R. 131/86, detta le linee guida per il controllo sulla congruità dell’imposta precisando che, per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, ai fini dell’eventuale rettifica, l’ufficio controlla il valore indicato in atto dalle parti avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai Comuni. In questo caso l’ufficio ha la possibilità di effettuare una sorta di comparazione con casi analoghi.

Pertanto, l’Agenzia procede alla rettifica se ritiene che gli immobili ceduti abbiano un valore venale superiore a quello dichiarato o al corrispettivo pattuito. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ritiene che:

  1. tali criteri di valutazione siano assolutamente pari ordinati (Cass. n. 4221/2006);
  2. la circostanza che deve aversi riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni, non implica l’immodificabilità del valore risultante da detti atti: la norma, infatti, si limita ad indicare un parametro certo di confronto, in base al quale l’Ufficio deve determinare il valore del bene in comune commercio (Cass. nn. 4363/2011963/20181961/2018 e 23223/2019);
  3. in relazione al criterio rappresentato da “ogni altro elemento di valutazione”, nulla autorizza a ritenere che tale criterio abbia carattere residuale e meramente subordinato alla oggettiva impossibilità di ricorrere ai parametri di cui ai precedenti criteri (Cass. nn. 4221/2006 e 30189/2018).

In tale contesto normativo, la Corte di Cassazione ha affermato (ordinanza 30 novembre 2020, n. 27338) che è valido l’avviso di accertamento fondato sulla dichiarazione di successione relativa alla quota di uno dei contribuenti, in quanto, appunto, i criteri elencati dall’art. 51, comma 3, del D.P.R. 131/86 sono pari ordinati.

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