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Requisiti rigorosi per la contestazione della conformità della fotocopia all’originale

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Nell’ambito del contenzioso tributario, ai sensi dell’art. 22, quarto comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la produzione da parte del ricorrente di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo. Qualora la controparte ne contesti la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 del codice civile, la Commissione tributaria è tenuta a disporre la produzione del documento in originale, ai sensi del quinto comma del richiamato art. 22 (in tal senso si richiamano le pronunce della Corte di Cassazione nn. 8446/2015 e 22770/2006).

Tuttavia, in materia di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, “va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o omnicomprensive” (Cass. nn. 28026/2009, 14416/2013 e 7775/2014).

Inoltre, è stato affermato che tale contestazione dev’essere effettuata, “a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” (Cass. nn. 7105/2016 e 12730/2016).

La Commissione, pertanto, non resta vincolata alla contestazione della conformità all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all’originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ai sensi dell’art. 2719 del codice civile (Cass. nn. 27663/2018 e 14950/2018).

I principi che precedono sono stati ora confermati dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 19 giugno 2019, n. 20753, depositata lo scorso 1° agosto.

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