Questionario fiscale “leggero” per il documento di trasporto richiamato in fattura
L’indicazione di data e numero dei documenti di trasporto nelle fatture “differite”, prevista dall’art. 21, comma 4, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non comporta che la richiesta dell’esibizione delle fatture di acquisto mediante questionario fiscale (ai sensi dell’art. 32, commi 4 e 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) debba comprendere anche i documenti di trasporto da esse richiamate, in assenza di una richiesta espressa dell’Ufficio: lo ha precisato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza 23 ottobre 2019, n. 32207, depositata lo scorso 10 dicembre.
Si ricorda che, secondo un consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, l’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, previsto dall’art. 32, comma 4, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, così da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario. L’omessa o intempestiva risposta comporta la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa; a tal fine, peraltro, è necessario che l’Amministrazione, con l’invio del questionario, fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse; in caso di mancato rispetto di tale sequenza procedimentale non può essere invocata la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario (Cass. 27 settembre 2013, n. 22126, 14 maggio 2014, n. 10489, e 27 dicembre 2016, n. 27069).
Peraltro, affinché possa trovare applicazione la preclusione prevista dal citato art. 32, comma 4, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è necessario che il documento cui si riferisce la preclusione sia stato espressamente richiesto dall’Ufficio (Cass. 22 giugno 2018, n. 16548). Per la Corte di Cassazione, infatti, “l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza” (così, Cass. 15 settembre 2017, n. 21398; in senso analogo, n. 453/2013, n. 22126/2013, n. 11765/2014, n. 27069/2016 e n. 7011/2018).
Inoltre, l’omissione dev’essere obiettivamente cosciente e volontaria, diretta ad impedire l’ispezione documentale (Cass. 2 dicembre 2015, n. 24503, 21 marzo 2018, n. 7011, e 25 giugno 2019, n. 16962).