Procedure Docfa, in capo al Fisco specifici obblighi di motivazione
In materia di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dall’art. 2 del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito on modifiche dalla Legge 24 marzo 1993, n. 75, e dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cosiddetta procedura Docfa), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento può ritenersi soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati. In caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 23 gennaio 2020, n. 11226, depositata lo scorso 11 giugno (in tal senso si segnalano altresì Cass. 31 ottobre 2014, n. 23237, 16 giugno 2016, n. 12497, 7 dicembre 2018, n. 31809, e 7 ottobre 2019, n. 25006).
Ciò è reso tanto più necessario in considerazione delle incertezze proprie del sistema catastale italiano che si riflettono sull’atto (classamento) con cui l’amministrazione colloca ogni singola unità immobiliare in una determinata categoria, in una determinata classe di merito e le attribuisce una “rendita” (Cass. 6 febbraio 2014, n. 2709, e 19 marzo 2015, n. 5580).