Presunzioni da studi di settore superabili solo in contraddittorio
Secondo un consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, gli studi di settore – introdotti e disciplinati dagli articoli 62 bis e 62 sexies del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modifiche dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427– sono idonei a fondare semplici presunzioni, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti, che possono essere utilizzati dall’ufficio anche in contrasto con le risultanze di scritture contabili regolarmente tenute.
Tali presunzioni operano finché non ne sia dimostrata l’infondatezza mediante idonea prova contraria, il cui onere è a carico del contribuente (in tal senso si richiamano le pronunce della Corte di Cassazione 13 febbraio 2014, n. 3302 e 14 marzo 2007, n. 5977).
Solo quando il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, contesti l’applicazione degli studi di settore allegando circostanze concrete che giustifichino lo scostamento della propria posizione reddituale dagli standars previsti, l’ufficio, ove non le ritenga attendibili, è tenuto a motivare adeguatamente l’atto impositivo sotto tale profilo (Cass. 31 maggio 2018, n. 13908 e 18 dicembre 2017, n. 30370).
Non sono invece idonee a superare dette presunzioni le argomentazioni fornite per iscritto dal contribuente, il quale si sia astenuto dal partecipare al contraddittorio.
Lo ha affermato la quinta sezione della Suprema Corte con l’ordinanza 17 luglio 2018, n. 23723, depositata lo scorso 1° ottobre: nell’occasione, in particolare, i giudici di legittimità hanno escluso che possa superare la presunzione derivante dall’applicazione dello studio di settore la circostanza che il contribuente si sia limitato a fornire per iscritto elementi giustificavi – quali l’incremento dei costi del personale derivante dall’obbligo di regolarizzazione di posizioni irregolari – già considerati dall’Ufficio nell’effettuazione del calcolo dei ricavi minimi ammissibili.