Plusvalenze immobiliari, la Cassazione conferma l’efficacia retroattiva del D.Lgs. 147/2015
Ai sensi dell’art. 5, comma 3, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, l’Amministrazione finanziaria non può più procedere ad accertare in via induttiva la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di una cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Per la giurisprudenza di legittimità, questo principio ha efficacia retroattiva (trattandosi di una norma di interpretazione autentica): in tal senso si segnalano le pronunce della Corte di Cassazione 11 maggio 2018, n. 11503, 2 agosto 2017, n. 19227, 17 maggio 2017, n. 12265 e 6 giugno 2016, n. 11543.
La tesi è stata confermata da ultimo dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con la sentenza 2 maggio 2018, n. 18389, depositata lo scorso 12 luglio.
Nell’occasione è stato inoltre ribadito il principio secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’avviso di accertamento che non riporti l’aliquota applicata, ma solo l’indicazione delle aliquote minima e massima, viola il principio di precisione e chiarezza delle indicazioni che è alla base del precetto di cui all’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il quale richiede che sia evidenziata l’aliquota applicata su ciascun importo imponibile, al fine di porre il contribuente in grado di comprendere le modalità di applicazione dell’imposta e la ragione del suo debito, senza dover ricorrere all’ausilio di un esperto.
L’omissione di tale indicazione determina la nullità dell’atto, ai sensi del terzo comma del medesimo art. 42, “senza che sia consentita una valutazione di merito circa l’incidenza che essa abbia avuto, in concreto, sui diritti del contribuente” (per una conferma, si rinvia a Cass. 20 febbraio 2009, n. 4187, 2 luglio 2008, n. 18095 e 11 giugno 2008, n. 15381).