Non sempre la formazione di un atto inesistente integra il reato di falsità materiale
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Non integra il delitto di falsità materiale l’aver esibito la falsa fotocopia di un documento (esistente o meno in originale) al fine di conseguire un qualche vantaggio, qualora si tratti di una fotocopia esibita e usata come tale dall’imputato: lo ha affermato la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza 24 ottobre 2019, n. 46176 (depositata lo scorso 13 novembre), in aderenza a un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. 10 novembre 2017, n. 2297, 9 ottobre 2014, n. 8870, 3 novembre 2010, n. 42065, 14 dicembre 2007, n. 7385). Tale indirizzo è stato inoltre confermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la pronuncia 28 marzo 2019, n. 35814), secondo cui:
- “la formazione di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale”. Ai fini della sussistenza del reato, pertanto, è necessario che “la copia si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale, ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme; in tal caso la contraffazione si ritiene sanzionabile ex artt. 476 o 477 cod. pen., secondo la natura del documento che mediante la copia viene in realtà falsamente formato o attestato esistente (cfr., in motivazione, Sez. 5, n. 7385 del 14/12/2007, dep. 2008, Favia, Rv. 239112; v., inoltre, Sez. 5, n. 9366 del 22/05/1998, Celestini, Rv. 211443)”;
- “lo stesso soggetto che produce la copia deve compiere anche un’attività di contraffazione che vada ad incidere materialmente sui tratti caratterizzanti il documento in tal modo prodotto, attribuendogli una parvenza di originalità, così da farlo sembrare, per la presenza di determinati requisiti formali e sostanziali, un provvedimento originale o la copia conforme, originale, di un tale atto ovvero comunque documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente”.
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