Non sempre inammissibile il ricorso “sandwich”
Secondo un costante orientamento assunto presso la giurisprudenza di legittimità, non è ammissibile la tecnica di redazione dei cosiddetti ricorsi “assemblati” o “farciti” o “sandwich” – che implica una pluralità di documenti integralmente riprodotti all’interno del ricorso – in quanto: viola il principio di sinteticità che deve informare l’intero processo; impedisce di cogliere le problematiche della vicenda e comporta non già la completezza dell’informazione, ma il sostanziale “mascheramento” dei dati effettivamente rilevanti; è caratterizzata dall’assenza di qualsiasi sforzo di selezione o rielaborazione sintetica del contenuto dei suddetti documenti (Corte di Cassazione nn. 784/2014; 22792/2013; 10244/2013; 17447/2012; 5698/2012; 1380/2011; 15180/2010).
Pertanto, in sede di elaborazione del ricorso tributario occorre esporre i fatti rielaborando i documenti e gli atti a disposizione: è pertanto illegittima la prassi del copia-incolla: il principio di autosufficienza del ricorso in Cassazione – di cui all’art. 366, n. 3), del codice di procedura civile – richiede che il ricorrente non si limiti a trascrivere interi stralci degli atti in causa.
Tale principio è stato ora confermato dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 13 dicembre 2018, n. 2913, depositata lo scorso 31 gennaio.
Tale inammissibilità incontra un’eccezione nell’ipotesi in cui, nel ricorso per cassazione, ancorchè riprodotto con la tecnica del “copia e incolla”, gli aspetti essenziali della difesa siano esposti con un “grado sufficiente di autonomia e chiarezza”.