Non è impugnabile l’annullamento parziale adottato dal Fisco in via di autotutela
L’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione fiscale in via di autotutela o comunque il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e pertanto non è impugnabile. Per la Corte di Cassazione, infatti, in tale situazione non si ravvisa “alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento. È invece impugnabile autonomamente il nuovo atto che risulti “di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa” (così, Corte di Cassazione 15 aprile 2016, n. 7511; in senso analogo i giudici di legittimità si espressero con l’ordinanza 16 novembre 2018, n. 29595).
Questo principio è stato ora confermato dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 29 maggio 2019, n. 27286, depositata lo scorso 24 ottobre. Il richiamato art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ha individuato in modo tassativo gli atti impugnabili al fine di identificare gli atti e i rapporti per i quali sussiste la giurisdizione del giudice tributario. È stato pertanto affermato il principio della predeterminazione normativa degli atti impugnabili ed è stato definitivamente disatteso quell’indirizzo giurisprudenziale che si era formato sotto la previgente normativa e che tendeva a ricomprendere nell’ambito dell’art. 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (norma corrispondente all’attuale art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), tutta una serie di atti non espressamente contemplati dalla norma (quali ad esempio il processo verbale di constatazione elevato dalla Guardia di Finanza e notificato al contribuente, l’atto di rettifica del prospetto delle attività e passività, la proposta di accertamento e il provvedimento con cui sia disposto lo sgravio parziale di alcune somme iscritte a ruolo). Non sono impugnabili, a esempio, le circolari ministeriali in quanto hanno rilevanza meramente interna ossia natura interpretativa e non vincolante.