Non è dovuta l’imposta di registro per la penale indicata nella cedolare secca
Non si applica l’imposta di registro di 200 euro anche se in uno degli articoli del contratto di locazione con cedolare secca è stato indicato che in caso di ritardo nel pagamento del canone verrà applicato un interesse di mora al 6% su base annua.
Sull’argomento si sono pronunciate due recenti sentenze della CTR della Lombardia: le sentenze n. 2007/2023 e n. 1690/2023.
I giudici tributari del merito, pur nella consapevolezza della diversità degli orientamenti manifestatisi sul tema, ritengono che ai contratti di locazione con clausole penali vada applicata una tassazione unica. È vero, infatti, che in un unico documento contrattuale sottoposto a registrazione possono in concreto rinvenirsi più “disposizioni” reciprocamente connesse e dipendenti non per “necessità” di legge, ma solo per la volontà contrattuale delle parti: così è, ad esempio, nel caso di cessione di un ramo d’azienda e di collegata, dipendente cessione dei contratti di locazione degli immobili aziendali, ovvero anche nel caso di più cessioni condizionalmente collegate di quote societarie da diversi cedenti a diversi cessionari. In tali casi, appunto, si applica, all’evidenza e secondo l’insegnamento della Cassazione, la regola dell’art. 21, comma 1, del D.P.R. n. 131/1986.
Ma questi stessi precedenti di legittimità chiariscono anche, a contrario, l’univoca ratio della normativa, per cui la tassazione deve essere invece unica allorché le disposizioni da registrare derivino “per loro natura” l’una dall’altra, come nel caso in esame la clausola penale dal contratto di locazione, nel senso che la pattuizione della penale è “per sua natura” necessariamente connessa al contratto cui accede, non può sussistere da sola prescindendo da quel contratto.
La clausola penale ha infatti, in quanto tale, lo scopo di sostenere l’esatto, reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni “principali” assunte con il contratto cui accede. La clausola non ha quindi una causa “propria” e distinta, ma una funzione “servente” rispetto a quella del contratto nel quale è contenuta. Il discrimine, in altri termini, per l’applicazione, o meno, di una tassazione unica è tra più negozi collegati, ciascuno adeguatamente giustificato sotto il profilo causale (come le diverse cessioni citate), e un unico negozio “complesso” – come il contratto di locazione in esame -contrassegnato da un’unica causa dalla quale derivano tutte le diverse “disposizioni” pattuite nel documento da registrare (dal tempestivo pagamento del canone alla sua periodicità, dal rilascio dell’immobile fino al pagamento dell’eventuale penale).
È evidente, affermano i giudici tributari con le sentenze citate, che mentre in quei primi casi indicati di molteplicità delle cessioni si manifesta una maggiore capacità contributiva che giustifica l’ulteriore tassazione, lo stesso non può dirsi con riferimento alla previsione di una penale condizionata ad un eventuale futuro inadempimento contrattuale.