Nel procedimento per la revisione dell’assegno divorzile gli eredi subentrano al coniuge ricorrente
Nell’ambito di un procedimento per la revisione dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della Legge n. 898/1970, il venir meno del coniuge ricorrente nel corso del medesimo non comporta la dichiarazione di improseguibilità dello stesso: gli eredi subentrano infatti nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell’accertamento della non debenza dell’assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, nonché nell’azione di ripetizione dell’indebito, ex art. 2033 c.c., per la restituzione delle somme non dovute.
Tale principio è stato affermato dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione con la sentenza 14 giugno 2022, n. 20495 , depositata lo scorso 24 giugno.
Ai sensi del richiamato art. 9 della Legge n. 898/1970, qualora sopravvengano “giustificati motivi”, dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, con procedimento in camera di consiglio, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni sulla misura e sulle modalità dell’assegno.
La domanda di revoca o riduzione dell’assegno divorzile, già disposto a favore dell’altro coniuge, può dunque sopravvenire anche al giudicato, che viene appunto annoverato nella categoria del giudicato rebus sic stantibus, in quanto per definizione soggetto al perdurante adeguamento alle situazioni sopravvenute. Infatti, il titolo esecutivo in materia di famiglia è sì assistito da definitività equiparabile al giudicato, ma si tratta di un giudicato del tutto peculiare (Cass. 2 luglio 2019, n. 17689, 30 luglio 2015, n. 16173), riguardo al quale i fatti sopravvenuti possono rilevare attraverso un procedimento ad hoc, quale nella specie quello dettato dall’art. 9 della Legge n. 898/1970 per il divorzio.
Per i giudici di legittimità, “Ciò si lega alla stretta interrelazione con una determinata situazione pregressa suscettibile naturaliter di un’evoluzione imponderabile, perchè legata alle vicende personali degli ex coniugi, tanto da fondare l’esigenza di un previo formale intervento, devoluto al giudice, sul titolo preesistente nel superiore e pubblicistico interesse della migliore composizione possibile delle esigenze dei componenti della famiglia disciolta”.