Natura del reddito del settore vitivinicolo
È notizia di questi giorni l’accordo raggiunto tra il Governo italiano e Alibaba per promuovere le eccellenze agroalimentari del nostro Paese tra le quali vi rientra a pieno titolo il vino, settore, quello vitivinicolo, che molto spesso costruisce le proprie fortune proprio sull’export da intendersi sia entro i confini comunitari sia extracomunitari.
A questo deve aggiungersi il regime di favore, al rispetto di determinati requisiti richiesti dal Legislatore fiscale, che viene riconosciuto, da un punto di vista reddituale, alla produzione e cessione di vino.
Ancor prima di richiamare quali siano le regole da rispettare per poter dichiarare un reddito in via forfettaria su base catastale in sostituzione di quello analitico, torna utile individuare compiutamente cosa intenda il Legislatore per vino.
A tal fine si richiama la definizione di vino offerta a livello comunitario dall’Allegato XI ter al Regolamento CE 491/2009 ove si considera come tale il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcoolica, totale o parziale, di uve fresche, pigiate o no, o da mosti di uve che abbia le seguenti caratteristiche:
- un titolo alcolometrico minimo che varia da un minimo di 8,5% vol. (aumentato a 9% vol. per certi Paesi quali l’Italia) a un massimo di 15% vol. salvo alcuni casi per i quali il vino può arrivare a 20% vol. a condizione che i vini non subiscano nella fase della produzione alcun arricchimento e
- un’acidità totale espressa in acido tartarico non inferiore a 3,5 g/L.
In tale contesto minimo e massimo di caratteristiche organolettiche basiche, si innestano poi, tutta una serie di declinazioni merceologiche, valide sempre a livello comunitario, nonché una classificazione dei vini, di fatto quella di impatto immediato per il consumatore finale, consistente nella differenziazione dei prodotti tra:
- DOP, in Italia declinato in DOC e DOCG,
- IGP, in Italia IGT e
- vini generici.
Come anticipato, al rispetto di determinati requisiti, la produzione e la successiva commercializzazione del vino soggiace a un regime di favore consistente nel dichiarare un reddito catastale rappresentante la parte del reddito medio ordinario dei terreni, su cui si esercita la viticoltura, imputabile al capitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati.
Per esaustività, in aggiunta a tale reddito dovrà dichiararsi, in caso di esercizio dell’attività su terreni di proprietà, anche il reddito dominicale, l’altra parte del reddito fondiario prodotto dai terreni, iscritti e/o iscrivibili in catasto.
Resta inteso che, in caso, invece, di conduzione di terreni, ad esempio, a mezzo di contratto di locazione, i canoni corrisposti al proprietario del/dei fondi, non sono deducibili ai fini della determinazione del reddito effettivo.
Se tale è il reddito dichiarato e dichiarabile da ditte individuali, società semplici ed enti non commerciali (attenzione, si ricorda che tale è, come affermato dalla stessa Agenzia delle entrate, il trust) altrettanto non può sempre dirsi per le altre forme di esercizio in comune dell’attività vitivinicola, infatti, in tal caso, il reddito prodotto è di impresa.
Tuttavia, ben noto è come il Legislatore, dapprima abbia introdotto, nel panorama civilistico il concetto di società agricola a mezzo dell’articolo 2, D.Lgs. 99/2004, senza tuttavia aiutare nella ricerca di una definizione compiuta di società agricola vera e propria, e successivamente con la Finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1093, L. 296/2006) ha offerto a determinati soggetti societari, la possibilità di poter optare per la determinazione del proprio reddito, che è e rimane di impresa, secondo le regole di cui all’articolo 32, Tuir.
Restano sempre escluse da tale facoltà le Spa e le Sapa in quanto forme societarie, a parere del Legislatore, troppo evolute per rappresentare una forma da incentivare, a mezzo della possibilità di opzione per dichiarare il reddito catastale, nel contesto agrario generale.
Rimandando a un prossimo intervento l’analisi dei requisiti richiesti per poter dichiarare, nel contesto vitivinicolo, un reddito agrario, in questa sede si vuole evidenziare proprio come, quello agrario, non sempre rappresenta un regime reddituale di favore.
Spesso ci si dimentica che, a fronte di un reddito virtuale “esiguo” in rapporto agli effettivi volumi di vendita conseguibili, tutti quei costi che attengono la produzione, vengono cristallizzati e di fatto restano in carico al nostro imprenditore agricolo.
E nel settore vitivinicolo questo elemento si accentua solo si pensi agli ingenti investimenti che un viticultore, che intende mantenere al suo interno l’intera filiera di produzione dal campo alla tavola, deve sostenere a solo livello di cantina.