Leo: dal 2023 concordato preventivo per pagare le tasse
In arrivo a febbraio 2023 una riforma fiscale globale.
Lo ha annunciato Maurizio Leo, vice ministro all’Economia, nel corso di un’audizione davanti alle commissioni Finanze di Camera e Senato sulle linee programmatiche del Governo. Una revisione delle norme tributarie a tutto campo, che punta «a riscrivere non solo le regole di un sistema tributario ormai datato e troppe volte rattoppato, ma soprattutto il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti».
La rivoluzione arriverà nei primi giorni di febbraio 2023. «La manovra di bilancio, ora all’esame della Camera, sarà il ponte che ci porterà al nuovo sistema fiscale», ha dichiarato. La tregua fiscale, così come la cancellazione dei ruoli inesigibili, l’applicazione di imposte sostitutive, tese a rivalutare il valore e il prezzo di acquisto di immobilizzazioni e beni delle imprese iscritti in bilancio.
Secondo Leo vanno riviste aliquote e scaglioni Irpef, le agevolazioni e gli sconti fiscali, i panieri e le aliquote Iva, in chiave anti evasione. Verrà semplificato il sistema a partire dal reddito d’impresa.
Verrà introdotto un concordato preventivo biennale per le partite Iva e le Pmi: uno strumento che permetterebbe di semplificare il sistema e il rapporto dell’amministrazione finanziaria con le piccole e medie imprese, soprattutto grazie a un confronto diretto tra il contribuente, sempre assistito da intermediari abilitati, e il Fisco. Si tratta di un accordo preventivo sulle tasse che il contribuente si impegna a pagare nei due anni successivi.
Grazie ai dati di cui dispone l’Amministrazione finanziaria, quali:
- la fatturazione elettronica,
- le liquidazioni periodiche Iva,
- la dichiarazione precompilata Iva,
- gli Isa,
l’Amministrazione finanziaria è in grado di avere una fotografia nitida e puntuale delle PMI e sa di poter chiedere una somma congrua al contribuente. E tutto quello che sarà in più rispetto a quanto concordato potrebbe essere esente da imposte.
Ciò libererebbe risorse da dedicare agli accertamenti solo sui soggetti più a rischio e sulle frodi. Per le grandi imprese, infatti, andrà potenziata la cooperative compliance introducendo una sorta di “231 sulle criticità fiscali“, che, accompagnata da un contraddittorio tra imprese, intermediari e fisco, consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di avere un dialogo continuo con l’impresa, consentendole di entrare nei meccanismi decisionali in una logica cooperativa per capirne consistenza e redditività.
Varia l’imponibile Ires: oggi esistono troppe deroghe legate a differenti componenti e differenti valutazioni sia civili sia fiscali che complicano la vita delle imprese (si pensi alle società di comodo).
Altra fattispecie che sarà oggetto di attenzione da parte del Ministro è la deducibilità degli interessi passivi, soprattutto in un momento in cui gli stessi contribuenti si devono finanziare, in molti casi per resistere alla crisi di prezzi, materie prime ed energia. Il tentativo è quello di allinearsi ai Paesi europei che utilizzano regole semplici e a sostegno dell’attività produttiva.
Si pensa all’introduzione, poi, del carry back: un meccanismo che consenta alle imprese di poter compensare le perdite con utili o redditi degli anni precedenti.
A completare il quadro delle novità ipotizzate per il reddito d’impresa ci sono anche:
- le modifiche alla deducibilità delle auto aziendali, oggi troppo bassa e vincolata a un 20% che non facilita il rilancio dell’automotive
- e la riscrittura dei coefficienti di ammortamento, ancorati a un DM del 1988 con valori vecchi di 34 anni e spesso non più in linea con i beni attuali delle imprese.