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Le conseguenze della fuoriuscita dal regime forfetario nel 2023

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Il passaggio dal regime forfetario a quello ordinario può avvenire per convenienza o per obbligo. Nel primo caso, dopo un’attenta valutazione, il contribuente può ritenere conveniente passare al regime ordinario per valorizzare gli elevati costi di gestione o “recuperare” detrazioni di importo rilevante. Uscire dal forfait per obbligo, invece, significa non rispondere più ai requisiti richiesti per aderire a tale regime. In entrambi i casi sarà opportuno valutare adeguatamente gli impatti sotto il profilo IVA e degli adempimenti legati alla gestione delle ritenute.

Come noto, il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui:

  1. il limite dei ricavi/compensi supera la soglia di 85.000 euro (nella valutazione si applica il principio di cassa);
  2. si verifica una delle condizioni indicate al comma 57, vale a dire nei casi in cui il contribuente:
    • si avvalga di un regime speciale IVA o II.DD;
    • assuma la qualità di socio in una società di persone, impresa familiare, associazione professionale di cui all’art. 5 del TUIR ovvero in una s.r.l. o associazione in partecipazione (alle condizioni di cui alla Legge n. 145/2018);
    • perda la residenza italiana (come inteso dal comma 57);
    • effettui operazioni di compravendita di auto nuove ovvero di immobili e aree fabbricabili;
    • eserciti un’attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due anni precedenti ovvero di soggetti che sono direttamente/indirettamente riconducibili ai predetti datori di lavoro;
    • nell’anno precedente abbia sostenuto spese per lavoro dipendente per un importo superiore a 20.000 euro;
    • nel periodo d’imposta precedente sia titolare di redditi di lavoro dipendente o pensione (artt. 49 e 50 del TUIR) per importi superiori alla soglia di 30.000 euro;
  3. diviene definitivo un accertamento nel quale venga riscontrato il venir meno delle condizioni di accesso al regime;
  4. il soggetto decide di abbandonare il regime agevolato (disapplicazione per opzione).

Per effetto di una novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2023, è prevista inoltre la cessazione del regime forfetario nel periodo d’imposta in cui l’ammontare dei ricavi/compensi risulti superiore a 100.000 euro.

Al verificarsi di una delle predette ipotesi, i contribuenti che escono dal regime forfetario devono:

  • procedere alla rettifica della detrazione IVA nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie;
  • ricordare che, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, l’art. 1, comma 72 della Legge n. 190/2014 prevede che:
    • i ricavi e i compensi che, in base alle regole del regime forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di competenza di tali periodi;
    • i ricavi e i compensi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in base alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi d’imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario (con penalizzazione, quindi, in caso di fatture non incassate).

Venendo all’osservanza degli adempimenti di più immediato interesse sarà necessario:

  • emettere fattura elettronica, addebitando l’IVA;
  • attivare i registri contabili;
  • effettuare e/o subire le ritenute d’acconto ove previsto.

Nel caso in cui si esca per obbligo, con verifica tardiva della causa di decadenza, accade spesso che sia necessario sanare le eventuali violazioni commesse. Nella Risposta all’istanza di interpello n. 500/2019 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che l’errore (e-fattura emessa senza IVA) può essere sanato tanto emettendo note di variazione in aumento ad integrazione delle fatture originarie, ovvero emettendo note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, esponendo anche la ritenuta d’acconto se dovuta.

Per chi ha emesso invece fatture cartacee le conseguenze dovrebbero essere più gravi posto che, in linea generale, la fattura dovrebbe considerarsi come non emessa (art. 1, comma 6 D.Lgs. n. 127/2015) ed è sanzionata se non emessa entro 12 giorni (sanzione da 250 a 2.000 euro per ogni fattura se la correzione avviene entro la prima liquidazione IVA).

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