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L’avvenuto pagamento è irrilevante se il Fisco contesta l’operazione inesistente

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In materia di Iva, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che le operazioni commerciali oggetto di fatturazione non sono mai state poste in essere, indicando gli elementi, anche indiziari, sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo, altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente a tal fine la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze facilmente falsificabili (in tal senso si richiama Cass. 15 maggio 2018, n. 11873 ).

Il principio appena espresso è stato confermato ora dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 19 febbraio 2019, n. 17949 , depositata lo scorso 4 luglio. Si ricorda che ai fini Iva si applica l’art. 21, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, oppure se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.

Da tale disposizione la giurisprudenza (sia di merito, sia di legittimità) fa discendere la correttezza dell’operato degli Uffici che da un lato negano il diritto alla detrazione in capo al cessionario/committente, e dall’altro non riconoscono il diritto alla restituzione dell’Iva versata dal cedente/prestatore.

Sotto il profilo della tassazione diretta, invece, si rende applicabile l’art. 8, comma 2, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modifiche dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44: la norma dispone che non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi.

In tal caso si applica una sanzione dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o degli altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi.

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