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La sentenza è motivata se descrive il processo cognitivo seguito dalla Commissione tributaria

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Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi a denunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla situazione iniziale di ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa: lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 1° aprile 2021, n. 9078 (in tal senso si segnalano anche Cass. 29 luglio 2016, n. 15964, e 20 dicembre 2018, n. 32980).

Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento. Non è infatti possibile lasciare all’interprete il compito di integrarla (in tal senso si segnalano le pronunce della Suprema Corte n. 22232/2016, n. 14927/2017 e 16099/2018). Le considerazioni svolte dal giudice nella motivazione della sentenza devono quindi disvelare il percorso logico-giuridico seguito per risolvere le questioni poste nel giudizio.

In tale contesto si inserisce anche Cass. n. 22022/2017, secondo cui “la motivazione per relationem è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., S.U. 14814/08 e 642/15), specificando che il giudice d’appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (Cass. sez. V, nn. 4780/16 e 6326/16; Cass. S.U. n. 8053/14; conf. ex multis, Cass. sez. V, nn. 16612/1515664/14, 12664/12, 7477/11, 979/09, 13937/02), sicché deve considerarsi nulla – in quanto meramente apparente – una motivazione la cui laconicità non consenta di appurare (…) che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello proposti (ex multis Cass. sez. V, nn. 3320/16, 25623/15, 1573/07, 2268/06, 25138/05, 13990/03, 3547/02)”.

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