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La natura elusiva dell’operazione presuppone un risparmio fiscale indebito e l’assenza di valide ragioni economiche

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Sotto il profilo tributario, la natura elusiva di operazioni poste in essere dal contribuente presuppone l’ottenimento di un risparmio fiscale, o di rimborsi, altrimenti indebito, e l’assenza di ragioni economiche valide, intese come apprezzabilità economico-gestionale dell’operazione (per cui l’operazione prescelta non è quella più economicamente vantaggiosa dal punto di vista economico gestionale, ma quella più complessa e meno remunerativa, ma che consente il perseguimento del suddetto vantaggio, che costituisce dell’operazione stessa se non l’unico, l’essenziale motivazione).

In definitiva l’abuso del diritto, che trova in materia fiscale la sua disciplina nell’art. 37-bis del D.P.R. 600/1973, deve consistere nella strumentalizzazione di negozi leciti per finalità ultronee e non coerenti con il loro fondamento giuridico e quello del loro insieme, ma bensì volte al perseguimento (nel caso della materia fiscale) di benefici realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali (Cass. 30 dicembre 2019, n. 34595).

Di talché è senz’altro compito del giudice tributario esaminare gli elementi che invece giustificherebbero sia l’assenza di un risparmio fiscale, sia la sussistenza di ragioni economicamente valide.

Lo ha precisato la sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza 27 settembre 2022, n. 31615 , depositata lo scorso 25 ottobre.

Per i giudici di legittimità, inoltre, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che trova fondamento nell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, secondo il quale l’Amministrazione finanziaria disconosce e dichiara non opponibili le operazioni e gli atti, privi di valide ragioni economiche, diretti solo a conseguire vantaggi fiscali, in relazione ai quali gli organi accertatori emettono avviso di accertamento, applicano ed iscrivono a ruolo le sanzioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997, comminate dalla legge per il solo fatto di avere il contribuente indicato in dichiarazione un reddito imponibile inferiore a quello accertato, rendendo così evidente come il legislatore non ritenga gli atti elusivi quale criterio scriminante per l’applicazione delle sanzioni, che, al contrario, sono irrogate quale naturale conseguenza dell’esito dell’accertamento volto a contrastare il fenomeno dell’abuso del diritto (Cass. 21 luglio 2020, n. 15533).

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