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La cessione della clientela per il professionista va tassata

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I corrispettivi percepiti a seguito del trasferimento a titolo oneroso del c.d. «pacchetto clienti» genera interamente reddito professionale da assoggettare a tassazione ordinaria così come previsto, appunto, dall’art. 54, del D.P.R. n. 917/86.

Ne consegue, inoltre, che all’incasso del corrispettivo (che nella totalità dei casi è rateizzato in un arco temporale che va dai 3 a 5 anni) il professionista deve emettere regolare parcella soggetta ad Iva, ritenuta d’acconto e cassa di previdenza.

Tramite la «cessione» da parte del professionista della relativa clientela viene, infatti, posta in essere una fattispecie contrattuale atipica che non può essere assimilata ad una cessione di un bene immateriale di natura patrimoniale, alla stessa stregua di quanto avviene per l’avviamento commerciale nell’ipotesi di cessione d’azienda.

Il cosiddetto “intuitu personae” che connota il rapporto tra professionista e cliente esclude,  infatti,  che la capacità professionale di attrarre clientela possa essere assimilata ad un «bene immateriale» autonomamente trasferibile.

Non vi è alcuna certezza, infatti, che il rapporto fiduciario instaurato tra il cliente ed il professionista possa essere riprodotto in capo al nuovo soggetto.

Tramite la fattispecie contrattuale della cessione a fronte di un corrispettivo in esame  si viene ad instaurare, di fatto, tra i due professionisti un rapporto di tipo obbligatorio nel quale il professionista c.d. «cedente», a fronte del compenso percepito, si assume l’impegno di favorire il soggetto subentrante nella prosecuzione del rapporto con i propri vecchi clienti. Pertanto il professionista, oltre a rinunciare ad esercitare la propria attività professionale nei confronti dei clienti che richiedono esclusivamente delle prestazioni di tipo operativo, astenendosi quindi dallo svolgimento dell’attività professionale in concorrenza con il nuovo soggetto, si impegna altresì a favorire la prosecuzione del rapporto tra i suoi vecchi clienti ed il nuovo soggetto.

Per quanto concerne il trattamento applicabile, ai fini dell’Iva, il  compenso corrisposto al professionista per la cessione di una parte della sua attività, configura un corrispettivo di una prestazione di servizio, consistente nel permettere la prosecuzione del rapporto professionale tra i suoi vecchi clienti ed il soggetto subentrante, nell’impegno di non proseguire (non fare) il rapporto professionale con i clienti ceduti e nell’impegno (fare) altresì di favorire la prosecuzione del rapporto tra i suoi vecchi clienti ed il nuovo soggetto.

Com’è noto, l’art. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 qualifica come prestazioni di servizio «le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, … e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte … ».

Sulla base di tale disposizione, deve ritenersi sussistente il presupposto oggettivo di applicazione dell’Iva. Poiché le prestazioni  sono innegabilmente connesse all’attività professionale esercitata, in via abituale, dal contribuente risulta realizzato anche il presupposto soggettivo cui la normativa Iva condiziona l’applicazione del tributo. Da ciò consegue che le prestazioni in discorso debbono essere ricomprese nell’ambito applicativo dell’Iva .

L’art. 17, lettera g-ter), del D.P.R. n. 917/86, permette di applicare il regime della tassazione separata – in questo caso il relativo importo andrebbe esposto nel  quadro RM, Sezione II – cioè l’opportunità da parte del professionista cedente di tassare i corrispettivi percepiti con il regime della tassazione separata se esistono due condizioni:

  • il corrispettivo deve essere percepito in un’unica soluzione;
  • il corrispettivo può essere percepito anche in più rate ma nello stesso periodo d’imposta (che per il professionista singolo coincide con l’anno solare).

La tassazione separata, tuttavia,  non trova quasi mai applicazione in quanto nella quasi totalità delle operazioni di cessione di studi professionali il pagamento del corrispettivo avviene in un arco temporale che va dai 3 ai 5 anni.

Relativamente al professionista che acquista la clientela i costi per l’acquisizione di un pacchetto clienti sono costi interamente deducibili proprio in considerazione del fatto che questi sono stati considerati, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, pari alle consulenze professionali rese.

Va, infine, rilevato che il decreto correttivo dovrebbe introdurre nuove componenti da non considerare in sede di determinazione del reddito concordato; si tratta, ad esempio:

  • dei corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali riferibili all’attività artistica o professionale di cui all’art. 54, comma 1-quater, del D.P.R. n. 917/86;
  • delle perdite su crediti di cui all’art. 101, comma 5, del D.P.R. n. 917/86.

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