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La Cassazione conferma l’imputazione a ricavi dei prelevamenti e versamenti bancari

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L’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi. A fronte di tale presunzione il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici.

In presenza di detta situazione la Commissione tributaria è tenuta ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati.

Il giudice tributario, quindi, è tenuto a valutare le movimentazioni bancarie nel contesto complessivo che caratterizza la fattispecie sottoposta al suo esame (e quindi analizzando anche i tempi e l’ammontare); non sono pertanto ammesse affermazioni apodittiche, generiche e sommarie (in tal senso si richiama l’ordinanza della Corte di Cassazione 5 maggio 2017, n. 11102).

I principi che precedono sono stati ora ribaditi dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 30 ottobre 2018, n. 30248 , depositata lo scorso 22 novembre. Nell’occasione, i giudici di legittimità hanno altresì confermato il principio secondo cui in materia di imposte sui redditi, l’art. 42, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973 impone l’indicazione nell’avviso di accertamento non soltanto degli estremi del titolo e della pretesa impositiva, ma anche dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, “al fine di porre il contribuente in condizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale” e, in caso positivo, di contestare efficacemente l’ “an” e il “quantum debeatur”.

Tali elementi conoscitivi devono essere forniti non solo tempestivamente ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta all’interessato un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (in tal senso si segnala la sentenza della Corte di Cassazione 24 luglio 2014, n. 16836 ).

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