IVA: condizioni per accedere al rimborso
Con la risposta n. 66/E dell’11 marzo 2024 , l’Amministrazione finanziaria ribadisce quali sono i termini per richiedere il rimborso dell’IVA versata indebitamente.
L’art. 8 della Legge 20 novembre 2017, n. 167 , ”Legge Europea 2017”, ha introdotto l’art. 30-ter del Decreto IVA, che definisce il sistema di recupero dell’IVA indebitamente versata.
La norma:
- al comma 1, consente al soggetto passivo di poter presentare domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza:
- entro il termine di due anni dalla data del versamento dell’IVA;
- o, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
- il successivo comma 2 contempla, invece, il caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, prevedendo che, in tale ipotesi, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa.
Per motivi di cautela fiscale e per evitare un indebito arricchimento del cedente/prestatore, il rimborso dell’IVA indebitamente versata è strettamente collegato alla restituzione al cessionario/committente di quanto erroneamente addebitato ed incassato a titolo di rivalsa. I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta decorrono dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della medesima somma da lui versata per effetto di accertamento definitivo.
ART. 30– TER DEL D.P.R. N. 633/1972 – “ RESTITUZIONE DELL’IMPOSTA NON DOVUTA” | |
Disposizione generale (co. 1 ) |
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Deroga alla norma generale (co. 2 ) |
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Esclusione dalla restituzione (co. 3 ) |
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Ciò detto, con riferimento alla possibilità di consentire al committente/cessionario di chiedere direttamente all’erario il rimborso dell’IVA erroneamente versata a titolo di rivalsa, l’Amministrazione nega tale possibilità.
Trattandosi di rapporti distinti che giacciono su piani diversi (il rapporto di imposta e la rivalsa), il contribuente non può, pertanto, far valere pretese che nascono dal rapporto privatistico di rivalsa al fine di far valere pretese altrui legate al rapporto di imposta, ma solo pretese che da questo rapporto derivano e che attengono all’esercizio della detrazione, le quali sono state già oggetto di definizione con adesione.
Nel caso della risposta n. 66/E, la richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta, ai sensi dell’art. 30-ter del decreto IVA, può essere presentata solo dalla società cooperativa (soggetto obbligato al pagamento dell’imposta), entro il termine decadenziale di due anni dalla restituzione al cessionario/committente dell’imposta indebitamente applicata.
L’istante (soggetto obbligato in rivalsa) ha, dunque, solo la possibilità di richiedere il rimborso dell’imposta non dovuta al cedente/prestatore, ricorrendo, ove necessario, all’ordinaria giurisdizione civilistica mediante un’insinuazione anche tardiva al passivo fallimentare, non potendo ricorre ad altri istituti contemplati dalla disciplina IVA.