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ISEE, i Comuni non possono derogare ai criteri nazionali

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Nell’adozione del proprio regolamento, ai Comuni non può essere riconosciuta una potestà di deroga alla legislazione statale e regionale in violazione della disciplina statale dell’ISEE, così come prevista dal D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159: lo ha affermato la terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 22 ottobre 2020, n. 6926, depositata lo scorso 11 novembre.

Per i giudici di Palazzo Spada, in particolare, occorre tenere presente la sentenza n. 91/2020 della Corte Costituzionale, la quale precisò che, in materia di ISEE, l’art. 5 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modifiche dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214, affida al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di determinare con proprio decreto “quei peculiari livelli essenziali afferenti a prestazioni o servizi sociali o assistenziali, effettuati a richiesta dell’interessato (sentenza n. 297 del 2012 )”.

In attuazione del citato art. 5 del D.L. 201/2011 è stato emanato il D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, il cui art. 2 prevede e “fa salve” le competenze regionali in materia di formazione, programmazione e gestione delle politiche sociali. In sostanza, hanno sottolineato i giudici delle leggi, il D.P.C.M. ha lasciato “ampi spazi normativi alle Regioni nel campo delle politiche sociali”.

Secondo l’orientamento della Consulta,”la determinazione dell’ISEE, delle tipologie di prestazioni agevolate, delle soglie reddituali di accesso alle prestazioni e, quindi, dei LIVEAS incide in modo significativo sulla competenza residuale regionale in materia di ‘servizi sociali’ e, almeno potenzialmente, sulle finanze della Regione, che sopporta l’onere economico di tali servizi” (sentenza n. 297/2012 ); inoltre, “L’applicazione delle metodologie ISEE, ascrivibili alla competenza esclusiva statale, lascia nel settore disciplinato dall’art. 4 ampie prerogative alla Regione”, con la conseguenza che la Regione dispone “del potere normativo residuale in tema di servizi sociali nei sensi indicati dalla Corte Costituzionale, garantendo, quindi, livelli ulteriori di tutela. Del resto il potere normativo delle regioni in materia era stato già riconosciuto da questa Sezione nella sentenza n. 6371/2018”.

In conclusione, non è consentita agli enti locali l’introduzione di criteri derogatori rispetto a quelli stabiliti dalla disciplina nazionale.

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