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Insider trading: dopo la decisione della Corte Ue, torna la questione del diritto al silenzio nei confronti della Consob

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La Corte di Cassazione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 187-quinquiesdecies del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria), nel testo introdotto dall’art. 9, comma 2 , lettera b), della Legge 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004), nella parte in cui sanziona la mancata ottemperanza nei termini alle richieste della Consob oppure la causazione di un ritardo nell’esercizio delle sue funzioni anche nei confronti di colui al quale la medesima Commissione nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, contesti un abuso di informazioni privilegiate.

Per i giudici di legittimità, la norma censurata contrasterebbe con gli articoli 24111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e con l’art. 14, comma 3, lettera g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966, nonché in riferimento agli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE).

Si ricorda che con la sentenza 10 maggio 2019, n. 112 , la Corte Costituzionale aveva dichiarato costituzionalmente illegittima la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, dell’intero “prodotto” di operazioni finanziarie illecite e dei “beni utilizzati” per commetterle, prevista dall’art. 187-sexies del richiamato D.Lgs. n. 58/1998, anziché del solo “profitto” ricavato da tali operazioni.

Nel motivare la decisione la suprema Corte ha rilevato che tali particolari forme di confisca – combinate con le elevate sanzioni pecuniarie previste dal Testo unico della finanza – conducono a risultati punitivi eccessivi, in contrasto con il principio della necessaria proporzionalità della sanzione.

In merito la sentenza ha chiarito che:

  1. il “prodotto” degli illeciti previsti dal Tuf è costituito dall’intero valore degli strumenti finanziari acquistati o del ricavato della vendita dei medesimi;
  2. il “profitto” è costituito dall’utilità economica realizzata mediante l’operazione;
  3. i “beni utilizzati” per commettere gli illeciti in esame sono le somme investite nell’acquisto o gli strumenti alienati.

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