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Inesigibilità credito Iva a seguito di esdebitazione: compatibile col diritto UE

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La procedura di esdebitazione prevista dall’ordinamento nazionale, la quale consente a determinate circostanze di rendere inesigibile il credito Iva vantato dall’erario, è compatibile con l’ordinamento UE in materia di imposta sul valore aggiunto.

È questo il contenuto della sentenza C-493/15 della Corte di giustizia depositata ieri.

Il caso sottoposto all’attenzione del giudice comunitario, riguarda un imprenditore commerciale persona fisica, dichiarato fallito, al quale è stata concessa dal tribunale l’esdebitazione con decreto del 14 aprile 2008. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate ha inviato al contribuente una cartella di pagamento con la quale chiedeva comunque il pagamento a titolo d’imposta dell’Iva e dell’Irap per l’anno di imposta 2003, precedente all’esdebitazione.

Come noto, l’articolo 142 L.F. intitolato proprio “esdebitazione”, dispone che il fallito persona fisica possa essere liberato dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che:

  • abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
  • non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
  • non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48;
  • non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;
  • non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
  • non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.

Nel caso in analisi, il problema interpretativo sollevato dal giudice del rinvio riguarda la compatibilità della procedura descritta con il diritto dell’Unione – ed in particolare con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE e gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva – laddove è espressamente previsto che gli Stati membri hanno l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire il prelievo integrale dell’Iva nel loro territorio. Inoltre, il medesimo giudice paventa l’incompatibilità dell’esdebitazione con i vincoli in materia di “aiuti di Stato” previsti dall’ordinamento comunitario.

Come correttamente osservato dalla Corte, la procedura di esdebitazione viene concessa al fallito soltanto nel rispetto di rigide condizioni ed in particolare quando il patrimonio del debitore risulta totalmente liquidato e a condizione che lo stesso abbia permesso di soddisfare almeno in parte i debitori concorsuali.

Inoltre, per quanto riguarda lo svolgimento della procedura in esame, l’articolo 143 L.F. consente allo Stato membro interessato, detentore di un credito Ivada un lato, di emettere un parere sulla domanda del debitore che chiede il beneficio di tale procedura, previamente alla decisione che statuisce su tale domanda, e, dall’altro, di proporre un ricorso, eventualmente, contro la decisione che dichiara inesigibili i debiti Iva non integralmente soddisfatti, conducendo ad un secondo controllo giurisdizionale”.

Da tali argomentazioni, si evince come la procedura di esdebitazione risulti soggetta a condizioni rigorose che offrono solide garanzie con riferimento alla riscossione dei crediti Iva. Pertanto, si deve ritenere che “essa non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’Iva e non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’Iva nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione”.

Venendo alla presunta incompatibilità della procedura in esame con le norme in materia di aiuti di Stato, risulta utile ricordare che, per poter qualificare una misura nazionale come “aiuto di Stato” il diritto UE richiede che risultino realizzati i seguenti presupposti:

  • l’intervento viene effettuato con risorse statali;
  • l’intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri;
  • il beneficio viene concesso selettivamente così da favorire “talune imprese o talune produzioni”.

Nel caso analizzato, il giudice comunitario non ha ravvisato alcuno dei predetti requisiti ritenendo pertanto che la procedura di esdebitazione prevista dalla legge fallimentare “non può essere qualificata come aiuto di Stato”.

Infine, alla luce di tutte le considerazioni sopra riportate, la Corte di giustizia UE, nella causa C-493/15 depositata ieri, ha concluso che “il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 4, paragrafo 3, TUE e gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva nonché le norme sugli aiuti di Stato, deve essere interpretato nel senso che non osta a che i debiti Iva siano dichiarati inesigibili in applicazione” della procedura di esdebitazione prevista dalla legge fallimentare.

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