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In caso di più fideiussioni nello stesso decreto ingiuntivo, registro in misura proporzionale solo su una fideiussione

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In materia di imposta di registro, ai sensi dell’art. 6 della Tariffa , Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in caso di plurime fideiussioni enunciate nello stesso decreto ingiuntivo e comportanti responsabilità solidale cumulativa dei fideiussori per lo stesso debito, l’imposta proporzionale di registro dev’essere applicata ad una sola fideiussione con sottoposizione delle altre ad imposta di registro in misura fissa.

L’applicazione di tale regime speciale non è condizionata né alla contestualità della prestazione delle garanzie, né ad una comune consapevolezza dei garanti di prestare garanzia per lo stesso debito, rilevando esclusivamente il fattore agevolativo rappresentato dalla solidarietà cumulativa assunta quale conseguenza legale (art. 1946 del codice civile) della pluralità di co-garanzie per lo stesso debito. È quanto ha precisato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 18 novembre 2020, n. 4319, depositata lo scorso 18 febbraio (in tal senso si segnalano anche Cass. nn.976/2018 , 10340/2017 e 17723/2004).

Con la Risoluzione 31 dicembre 2014, n. 119/E, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che dev’essere assoggettato ad imposta di registro in misura fissa il decreto ingiuntivo che condanna sia il debitore principale che il fideiussore al pagamento di somme derivanti da un finanziamento soggetto ad Iva. Tuttavia, l’enunciazione, nella pronuncia del giudice, del rapporto fideiussorio può rilevare ai fini fiscali se esso non era stato a suo tempo assoggettato a registrazione.

Infatti, come chiarito con la Circolare Agenzia Entrate 30 marzo 2001, n. 34/E , la condanna al pagamento delle somme dovute deve rimanere distinta dai rapporti sottostanti enunciati nel provvedimento del giudice la cui rilevanza, ai fini dell’imposta di registro, va valutata ai sensi dell’art. 22 del richiamato D.P.R. n. 131/1986, in materia di enunciazione di atti non registrati. Ne deriva che – fermo restando la tassazione con imposta fissa di registro del decreto ingiuntivo che condanna sia il debitore principale che il fideiussore al pagamento di somme in dipendenza di un finanziamento soggetto ad Iva – l’enunciazione nell’atto del rapporto fideiussorio può assumere rilievo, ai fini dell’imposta di registro, qualora lo stesso non sia stato a suo tempo assoggettato a registrazione. Quindi la tassazione della fideiussione non resta attratta nella disciplina tributaria dell’Iva per il solo fatto che il creditore sia un soggetto Iva (in tal senso Cass. 8 settembre 2005, n. 17899 ).

In conclusione, se il negozio fideiussorio enunciato nel decreto ingiuntivo e non registrato rientra tra le operazioni soggette ad Iva, si applica l’imposta di registro in misura fissa; se invece l’atto di fideiussione enunciato non rientra tra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, l’imposta si applica solo sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita (Risoluzione Agenzia Entrate 5 luglio 2013, n. 46 ).

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