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Imposte ipocatastali fisse per il trust autodichiarato

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Con la recente sentenza n. 21614 depositata lo scorso 26 ottobre la Corte di Cassazione ha statuito che in caso di registrazione di un atto di istituzione di un trust autodichiarato che preveda anche il trasferimento di immobili debbano essere versate le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa e non in misura proporzionale come invece sostenuto dall’Agenzia delle Entrate.

Nella fattispecie oggetto della pronuncia in esame l’Amministrazione finanziaria si era vista annullare, con sentenza confermata in secondo grado, l’avviso di liquidazione per imposte ipotecaria e catastale emesso in relazione ad un atto di costituzione di un trust autodichiarato nel quale erano stati conferiti immobili e quote sociali; in particolare i giudici dell’appello avevano ritenuto che l’atto dovesse scontare la tassazione in misura fissa poiché “nel caso di specie nessun trasferimento di beni che dovesse essere soggetto alle imposte ipotecarie e catastali era stato ancora posto in essere, anche in considerazione della natura di trust autodichiarato del trust nel quale il disponente e il trustee coincidevano con la medesima persona“.

L’Ufficio ha quindi proposto ricorso per Cassazione sostenendo che gli effetti segreganti del trust danno luogo ad un trasferimento dei beni conferiti che deve assoggettarsi a tassazione secondo le regole di cui alla reintrodotta legge sulle successioni e donazioni ex D.Lgs. 346/1990. Infatti, secondo l’Agenzia delle Entrate, con il D.L. 262/2006 era stata “reintrodotta nell’ordinamento giuridico l’imposta sulle successioni e donazioni estendendone l’ambito di applicazione alla costituzione di vincoli di destinazione” ed ai medesimi doveva ricondursi anche la costituzione del trust autodichiarato oggetto di controversia, posto che con lo stesso erano stati conferiti a titolo gratuito al trustee beni da immettere in trust con efficacia segregante.

La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, smentendo con la pronuncia in esame gli ultimi radicali approdi cui era giunta in materia di tassazione di trust, con i quali aveva sostenuto che l’articolo 2 comma 47 del D.L. 262/2006 sarebbe da leggersi nel senso che, oltre alla reintroduzione dell’imposta sulle liberalità, sarebbe stata anche ex novo introdotta una nuova autonoma generale imposta “sulla costituzione dei vincoli di destinazione, entrambe disciplinate mediante rinvio alle norme di cui al D.Lgs. 346/1990 che prima della sua abrogazione dettava esclusivamente la disciplina fiscale sulle successioni e sulle donazioni. Secondo tale interpretazione la nuova imposta troverebbe il suo presupposto impositivo nella semplice costituzione di vincoli d’indisponibilità, includendovi tra questi ultimi il trust (Cass. sent. n. 4482/2016; Cass. ord. n. 5322/2015; Cass. ord. n. 3886/2015; Cass. n. 3737/2015).

Nella pronuncia in commento la Cassazione ha precisato che il trust autodichiarato costituisce una forma di donazione indiretta, che produce soltanto efficacia segregante per i beni eventualmente in esso conferiti e questo sia perché degli stessi il trustee non è proprietario bensì amministratore e sia perché i beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta.

Secondo la Corte, pertanto, ha errato l’Ufficio nel sostenere che nel caso in esame il conferimento di beni nel trust ha dato luogo a un reale trasferimento imponibile: infatti un effettivo trasferimento è impossibile perché del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua segregazione fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari. Per l’applicazione dell’imposta sulle successione e sulle donazioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti.

La sezione V della Cassazione precisa ulteriormente di non condividere le ordinanze adottate dalla sezione VI (sopra richiamate) secondo cui sarebbe stata istituita un’autonoma imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione disciplinata tramite il rinvio alle regole contenute nel D.Lgs. 346/1990; infatti, secondo la Corte, “neanche il dato letterale autorizza una tale conclusione, giacchè ex articolo 12 preleggi, comma 1, il significato proprio delle parole secondo la connessione di esse è proprio invece nel diverso senso che l’unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i vincoli di destinazione, con la scontata conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dal D.Lgs. n. 346 cit., articolo 1, del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari”.

La Corte di Cassazione conclude affermando il seguente, condivisibile, principio di diritto: “L’istituzione di un trust cosiddetto “autodichiarato”, con conferimento di immobili e partecipazioni sociali, con durata predeterminata o fino alla morte del disponente-trustee, con beneficiari i discendenti di quest’ultimo, deve scontare l’imposta ipotecaria e quella catastale in misura fissa e non proporzionale, perchè la fattispecie si inquadra in quella di una donazione indiretta cui è funzionale la “segregazione” quale effetto naturale del vincolo di destinazione, una “segregazione” da cui non deriva quindi alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, trasferimento e arricchimento che dovrà invece realizzarsi a favore dei beneficiari, i quali saranno perciò nel caso successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale“.

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