Ici, l’esenzione per le attività assistenziali esclusa in caso di utilizzo indiretto
Ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, sono esenti da Ici i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla Legge 5 febbraio 1992, n 104, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività medesime.
Al riguardo si precisa che:
- con la sentenza n. 28160/2008, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato – con riferimento all’esenzione dall’Ici di cui al richiamato art. 7, comma 1, lettera i) – che tale agevolazione costituisce una deroga alla regola generale, ed è perciò di stretta interpretazione;
- di conseguenza, l’esenzione in esame è subordinata alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito;
- il beneficio non spetta in caso di utilizzazione indiretta, anche qualora sussistano finalità di pubblico interesse (in tal senso si segnala altresì la sentenza della Cassazione 11 maggio 2012, n. 7385);
- dalle considerazioni che precedono deriva che l’esenzione non può essere riconosciuta al soggetto che, concedendo il bene a colui che effettivamente vi esercita l’attività assistenziale, persegue un fine meramente speculativo.
Tale principio è stato ora confermato dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 16 gennaio 2019, n. 6507, pubblicata lo scorso 6 marzo.
Nell’occasione, i giudici di legittimità hanno sottolineato che – a conferma della tesi descritta – la lettera della norma utilizza l’avverbio “direttamente”, così limitando l’agevolazione a favore del diretto utilizzatore, con esclusione dei soggetti interposti che realizzano un profitto per mezzo dell’attività meramente commerciale.