Ici, l’abitazione principale dev’essere la dimora abituale anche dei familiari
In materia di Ici, ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall’art. 8 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisce la dimora abituale non soltanto del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nel caso in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel soggetto passivo ed invece difetti nei familiari (in tal senso si richiamano le pronunce della Corte di Cassazione n. 14389/2010 e n. 15444/2017).
Tale principio è stato ora confermato dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 27 febbraio 2019, n. 7436, depositata lo scorso 15 marzo.
Si ricorda che secondo un consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, la norma richiamata ha introdotto una presunzione relativa che può essere superata dal contribuente mediante la prova contraria circa l’effettivo utilizzo quale dimora abituale del nucleo familiare, anche per un periodo di tempo limitato, di un altro immobile non coincidente con quello di residenza (Corte di Cassazione 24 maggio 2017, n. 13062, 15 giugno 2010, n. 14389 e 28 maggio 2010, n. 13151).
Sull’argomento è stato anche affermato che ai fini del riconoscimento della detrazione prevista dal secondo comma del richiamato art. 8 del D.Lgs. n. 504/1992, per “abitazione principale” non deve necessariamente intendersi quella di residenza anagrafica (Corte di Cassazione, ordinanza 13 marzo 2019, n. 7136).