I primi 100 giorni del nuovo Governo: le tappe obbligate
È tempo di formare il nuovo Governo. Gli obiettivi di finanza pubblica non sono facili da raggiungere: entro il prossimo 31 dicembre 2022 dovranno essere reperiti almeno 40 miliardi di euro, di cui 5 miliardi per estendere anche al mese di dicembre gli effetti contro il caro energia introdotti con il D.L. n.144/2022 (c.d. Decreto “Aiuti-ter) e altri 35 miliardi per consentire, attraverso la legge di Bilancio 2023, che alcuni provvedimenti introdotti dal Governo Draghi non decadano con l’avvio del nuovo anno.
Molti provvedimenti introdotti dal governo Draghi vanno comunque finanziati:
- quasi 15 miliardi di euro per rinnovare nel 1° trimestre 2023 le misure contro il caro energia previste dal Decreto “Aiuti-ter”;
- almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni;
- almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego;
- 4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2% a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35 mila euro;
- 2 miliardi di euro di spese indifferibili.
Anche le tappe dei prossimi mesi sono serrate:
- la legge di Bilancio 2023 va abbozzata entro il 27 settembre 2022, anche se sarà il governo uscente a presentare la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef),
- spetterà al nuovo esecutivo redigere entro il 15 ottobre 2022 il Documento programmatico di bilancio (Dpb),
- ed entro il 20 ottobre 2022 il disegno di legge di bilancio.
La prima seduta delle nuove Camere è stata fissata il 13 ottobre 2022.
Il testo della legge di Bilancio 2023 deve essere esaminato per il voto definitivo entro il 31 dicembre 2022, per evitare l’esercizio provvisorio.
Tutto ciò in un periodo economico che va verso la stagflazione. Questo fenomeno si manifesta raramente, cioè quando ad una crescita economica tendente allo zero, o addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta che fa aumentare in misura molto preoccupante il tasso di disoccupazione.
Uno scenario che potrebbe verificarsi nel 2023 anche in Italia, così come già è successo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso.
“Gli effetti della guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiano, nel medio periodo, di spingere l’economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a toccare le due cifre”, annuncia la CGIA di Mestre.
“Per invertire la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione già in corso che provocherà la diminuzione della massa monetaria in circolazione”.
Avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico”.
Gli interventi necessari sono:
- la drastica riduzione della spesa corrente,
- e il taglio della pressione fiscale,
per stimolare i consumi e alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi.
Operazioni non facili da applicare fino a quando non verrà “rivisto” il Patto di Stabilità a livello europeo.