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Fusioni, test di vitalità superato se l’incorporata non è qualificabile come “bara fiscale”

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E’ possibile disapplicare le disposizioni contenute nell’art. 172, comma 7, del Tuir, con riferimento alle perdite fiscali e agli interessi passivi non deducibili, qualora la società incorporata non sia qualificabile come “bara fiscale”: lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Risposta all’istanza di interpello 6 marzo 2020, n. 88 .

Ai sensi dell’art. 172 del Tuir, le perdite fiscali delle società partecipanti alla fusione, compresa l’incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione, incorporante o beneficiaria:

  1. per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa;
  2. qualora dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

La norma ha esteso l’applicazione del limite sopra indicato “agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 4 dell’art. 96, nonché all’eccedenza relativa all’Ace”. Al fine di contrastare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali nella fusione, l’art. 172, comma 7, del Tuir richiede che la società la cui perdita si vuole riportare, sia operativa: di conseguenza, viene negato il diritto del riporto delle perdite se non esiste più l’attività economica cui tali perdite si riferiscono (in tal senso si richiamano le Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate 24 ottobre 2006, n. 116/E e 10 aprile 2008, n. 143/E, nonché la Circolare 9 marzo 2010, n. 9/E.

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