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Forfetari, sanabile la fatturazione irregolare ma divieto di compensare le ritenute d’acconto non versate

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Nel caso in cui il contribuente, ritenendo erroneamente di avere i requisiti per usufruire del regime forfetario, nel 2019 abbia emesso una fattura senza addebitare l’Iva e senza esporre la ritenuta d’acconto, può regolarizzare la propria situazione attraverso:

  1. l’emissione e l’invio al committente di una nota di variazione in aumento, ad integrazione della fattura originaria, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’Erario ed esponendo la ritenuta d’acconto (art. 26, comma 1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633);
  2. l’emissione e l’invio al committente di una nota di variazione in diminuzione a storno della fattura originaria e l’emissione di una nuova fattura in sostituzione della precedente, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’Erario ed esponendo la ritenuta d’acconto (art. 26, comma 2, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).

Il contribuente, peraltro, non potrà compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d’acconto non versate dal sostituto d’imposta: egli infatti non ha subìto le ritenute a titolo di acconto, e quindi non può vantare alcun credito. Al riguardo, si ricorda quanto segue:

  1. ai sensi dell’art. 1, comma 57, lettera d-bis, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità 2015), così come modificata dall’art. 1, commi da 9 a 11, della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019), non possono avvalersi del regime forfetario “le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatorio ai fini dell’esercizio di arti o professioni”;
  2. con la Circolare 10 aprile 2019, n. 9/E, par. 2.3.2, l’Agenzia delle Entrate chiarì che “la nuova causa ostativa contenuta nella citata lettera d-bis) risponde alla ratio di evitare artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo, prevedendo a tal fine un periodo di sorveglianza”.

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