Dubbi della Cassazione sulla decorrenza del termine “lungo” per l’impugnazione del lodo arbitrale
Con l’ordinanza interlocutoria 14 luglio 2020, n. 20104, depositata lo scorso 24 settembre, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, ai fini dell’assegnazione alle Sezioni Unite, della questione se il termine lungo di un anno per l’impugnazione del lodo arbitrale, ai sensi dell’art. 828 del codice di procedura civile, nel testo applicabile ratione temporis, possa decorrere non dall’ultima sottoscrizione dell’atto, ma dalla comunicazione alle parti della sua intervenuta sottoscrizione. Ai sensi della norma richiamata, in particolare:
- l’impugnazione per nullità si propone, nel termine di 90 giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla Corte di Appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato (primo comma);
- l’impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell’ultima sottoscrizione (secondo comma).
Sull’argomento, in giurisprudenza si sono formati più orientamenti.
Nella pronuncia in commento, gli Ermellini hanno ricordato che per la Corte Costituzionale, per costituire dies a quo del termine per l’impugnazione, la data deve essere qualificata dalla contestuale adozione delle misure volte a garantirne la conoscibilità e solo da questo concorso di elementi consegue tale effetto, situazione che, in presenza di una seconda data, deve ritenersi di regola realizzata solo in corrispondenza di quest’ultima; di conseguenza, il ritardato adempimento renderebbe di fatto inoperante la dichiarazione dell’intervenuto deposito.