Direttiva “case green”: accordo da definire entro fine anno
La c.d. Direttiva “Casa green” è stata oggetto di analisi il 12 ottobre 2023 presso le istituzioni europee (Parlamento e Consiglio, con la mediazione della Commissione), ove in particolare si sono affrontati gli aspetti più controversi del testo. Tra questi l’art. 9, che fissa il calendario per le ristrutturazioni degli edifici meno performanti, ma anche gli articoli 15 (sui sostegni finanziari) e 16 (sugli attestati di prestazione energetica). Oltre a un nuovo passaggio sul tema delle sanzioni.
In particolare, il testo prevede:
- all’art. 9 la definizione del calendario degli interventi di ristrutturazione: qui si prevede, nella proposta del Parlamento, che gli edifici residenziali dovranno raggiungere la classe E entro il 2030 e la D entro il 2033.
- all’art. 16 gli attestati di prestazione energetica: in base al testo del Parlamento i criteri per comporre gli attestati dovranno essere allineati in tutti i paesi membri.
- all’art. 31 prevede un regime sanzionatorio ad hoc.
Accordo entro la fine del 2023 – Il relatore della direttiva per il Parlamento europeo, Ciaran Cuffe (Verdi) ha ricordato che i negoziati tra istituzioni europee su questa proposta di direttiva si sono aperti a giugno e promette che si troverà un accordo prima della fine del 2023.
Edifici nuovi – Secondo la proposta tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028 secondo l’Aula, o dal 2030 secondo il Consiglio Ue, mentre quelli occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche dal 2026 per l’Aula e dal 2028 per il Consiglio.
Edifici vetusti da ristrutturare – Gli edifici già esistenti dovranno essere ristrutturati. Secondo la posizione del Parlamento, gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire un po’ prima: rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D). Qui le distanze con gli Stati membri sono maggiori, e addirittura riguardano l’intero impianto del provvedimento. Il Consiglio Ue chiede che gli edifici residenziali arrivino a una classe energetica D entro il 2033 e a standard più elevati con più calma, entro il 2040 e il 2050, in base a traiettorie nazionali che verranno decise dai vari governi. Gli edifici non residenziali dovranno rispettare soglie massime di rendimento energetico, arrivando al di sotto di quella del 15% entro il 2030 e del 25% entro il 2034. L’esito della mediazione tra le due istituzioni è incerto, ma quello che è sicuro è che i tempi verranno certamente allungati, il che darà a Stati e cittadini più tempo per mettersi in regola.
Edifici soggetti all’obbligo – Gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio sotto forma di lavori di isolamento o rinnovo dell’impianto di riscaldamento) dovranno essere effettuati al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, della vendita o della ristrutturazione dell’edificio. Teoricamente non sarà obbligatorio ristrutturare una casa in cui si vive con la propria famiglia e che non si ha intenzioni di lasciare o ristrutturare per altre ragioni. Per l’Italia il problema è che secondo le stime, circa il 60% degli edifici non ha un Ape, l’Attestato di prestazione energetica, in quanto in materia la nostra nazione è abbastanza indietro rispetto agli altri Paesi membri, e questa mancanza di valutazione potrebbe creare un ulteriore onere per il nostro Paese, che si troverà obbligato a fare una sorta di “censimento“. Secondo i dati di Enea, circa l’86 per cento degli edifici residenziali si trova nelle classi energetiche D e inferiori e ben il 60 per cento circa si troverebbe addirittura nelle due classi peggiori, F e G.
Le esenzioni – I Paesi membri avranno la facoltà di escludere gli edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, chiese e luoghi di culto. Inoltre, saranno esentate tutte le case utilizzate solo per le vacanze, visto che la proposta specifica che la direttiva non dovrà riguardare appartamenti “destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno”. Ancora non chiarissimo se gli obblighi saranno estesi alle case popolari, il Parlamento vorrebbe proporre una esenzione nel caso in cui le ristrutturazioni dovessero poi comportare un aumento degli affitti superiore a eventuali risparmi sulle bollette energetiche, il che sarebbe quindi sconveniente economicamente per gli inquilini.
Chi sostiene l’onere? – La Direttiva non specifica chi dovrà farsi carico dell’investimento, e starà quindi agli Stati decidere se sostenerlo con fondi pubblici o meno. La direttiva prevede comunque tutta una serie di aiuti finanziari e sgravi fiscali. Il testo approvato dal Parlamento di Strasburgo chiede che 110 miliardi di finanziamenti comunitari già stanziati da Bruxelles, possano essere reindirizzati per aiutare a sostenere i costi delle ristrutturazioni, soprattutto per le famiglie meno abbienti.