Da Bruxelles via libera alla “blacklist antiriciclaggio”
La Commissione Ue ha pubblicato l’elenco dei 23 Paesi terzi caratterizzati da una normativa antiriciclaggio lacunosa.
L’iniziativa – finalizzata a tutelare il sistema finanziario dell’Unione europea – ha portato all’individuazione dei seguenti Paesi: Afghanistan, Samoa americane, Bahamas, Botswana, Repubblica democratica popolare di Corea, Etiopia, Ghana, Guam, Iran, Iraq, Libia, Nigeria, Pakistan, Panama, Porto Rico, Samoa, Arabia Saudita, Sri Lanka, Siria, Trinidad e Tobago, Tunisia, Isole Vergini americane e Yemen.
Nelle scorse settimane il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili aveva approvato un documento con il quale vengono illustrate le nuove regole dettate in materia di antiriciclaggio (D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, emanato in attuazione della Direttiva n. 2015/849/UE).
Tali regole tecniche, in particolare, si riferiscono ai seguenti obblighi antiriciclaggio:
- valutazione del rischio (articoli 15 e 16 del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231);
- adeguata verifica della clientela (articoli da 17 a 30 del citato D.Lgs. n. 231/2007);
- conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni (articoli 31, 32 e 34 del medesimo decreto legislativo).
Per quanto riguarda gli obblighi di adeguata verifica della clientela, tale attività dev’essere effettuata:
- relativamente alle prestazioni professionali continuative, che hanno “una certa durata”, attraverso l’instaurazione di un rapporto continuativo con il cliente;
- per le prestazioni professionali occasionali, cioè le operazioni non riconducibili ad un rapporto continuativo in essere, se i mezzi di pagamento trasmessi o movimentati sono di importo pari o superiore a 15mila euro.
Il documento del Cndcec precisa inoltre che nella seconda tipologia di attività rientrano anche le operazioni ad esecuzione istantanea che comportino la movimentazione o la trasmissione di mezzi di pagamento o il compimento di atti negoziali a contenuto patrimoniale.
Viene inoltre confermato che:
- qualora il valore della prestazione professionale non sia “chiaramente identificabile”, l’obbligo di adeguata verifica dovrà comunque essere adempiuto;
- il professionista è tenuto ad adottare misure di “adeguata verifica rafforzata”, previa valutazione di un elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, tenuto conto dei fattori di rischio relativi al cliente, a prodotti, servizi, operazioni o canali di distribuzione, nonché alle aree geografiche di riferimento, come individuati nell’elenco di cui all’art. 24 del richiamato D.Lgs. n. 231/2007.