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Credito d’imposta per canoni di locazione non percepiti, anche in cedolare

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L’art. 26 del TUIR disciplina:

  • la detassazione dei canoni di locazione ad uso abitativo, scaduti e non percepiti,
  • nonché la tassazione dei canoni di locazione ad uso abitativo non riscossi e percepiti in periodi d’imposta successivi.

L’art. 6-septies, comma 2, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 stabilisce che il locatore di immobili ad uso abitativo:

  • non assoggetta a tassazione i canoni di locazione non percepiti a decorrere dal 1° gennaio 2020,
  • purché la mancata percezione del canone sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento.

In tal caso deve:

  • assoggettare a tassazione la rendita catastale rivalutata;
  • recuperare mediante credito d’imposta, dopo la conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto, la maggiore imposta versata per i canoni di locazione scaduti e non percepiti, ma comunque assoggettati a tassazione negli anni precedenti.

I canoni non riscossi dal locatore nei periodi d’imposta di riferimento e percepiti in periodi d’imposta successivi sono soggetti a tassazione separata, salvo opzione per la tassazione ordinaria.

A tali canoni si applica l’art. 21 del TUIR in relazione ai redditi di cui all’art. 17, comma 1, lettera n-bis), del TUIR; pertanto, essi vanno indicati nel rigo D7 del modello 730/2024 insieme alle somme ricevute per rimborso di imposte o oneri.

Attenzione al fatto che tale disposizione si applica esclusivamente alle locazioni ad uso abitativo, ossia ai fabbricati appartenenti alla categoria catastale “A” (A/10 escluso). I canoni di locazione relativi ad immobili ad uso non abitativo, invece, devono essere sempre dichiarati, indipendentemente dalla loro percezione (circolare 21 maggio 2014 n. 11/E, risposta 1.3).

Per determinare il credito d’imposta spettante è necessario:

  • calcolare le maggiori imposte relative ai canoni non percepiti, riliquidando la dichiarazione dei redditi di ciascuno degli anni per i quali, in base all’accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore, sono state pagate maggiori imposte per effetto di canoni di locazione non riscossi. Nella riliquidazione si deve tener conto della rendita catastale degli immobili e di eventuali rettifiche ed accertamenti operati dagli uffici.
  • Il credito d’imposta può essere indicato nella prima dichiarazione dei redditi utile successiva alla conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto e comunque non oltre il termine ordinario di prescrizione decennale.
  • In ogni caso il contribuente, qualora non intenda avvalersi del credito d’imposta nell’ambito della dichiarazione dei redditi, ha la facoltà di presentare agli uffici finanziari competenti, entro i termini di prescrizione sopra indicati, apposita istanza di rimborso.
  • L’eventuale successiva riscossione (totale o parziale) dei canoni di locazione per i quali si è usufruito del credito d’imposta comporta per il contribuente l’obbligo di dichiarare il maggior imponibile determinato tra i redditi soggetti a tassazione separata, salvo opzione per quella ordinaria (art. 26, comma 1, del TUIR; circolare 12 maggio 2000, n. 95, risposta 4.1.2, e circolare 7 luglio 1999 n. 150, paragrafo 1.1). Stessa cosa vale nell’ipotesi di contratto di locazione per il quale il contribuente abbia deciso di avvalersi dell’opzione per la c.d. “cedolare secca”.
  • Infine, per quanto riguarda i periodi d’imposta utili cui fare riferimento per la determinazione e la richiesta del credito d’imposta, vale il termine di prescrizione ordinaria di dieci anni. Pertanto, si può effettuare il calcolo con riferimento alle dichiarazioni dei redditi presentate negli anni precedenti, ma non oltre quelle relative ai redditi 2013, sempreché, ovviamente, per ciascuna delle annualità risulti accertata la morosità del conduttore nell’ambito del procedimento di convalida dello sfratto conclusosi nel 2023.

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