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Credito da Superbonus compensabile con l’imposta di successione

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Consideriamo il caso concreto di una società titolare di un credito derivante da Superbonus generatosi per effetto dello sconto in fattura concesso ad un cliente ed intenzionata a cedere lo stesso alla moglie del socio unico, a fronte di un corrispettivo inferiore al valore “standard” di mercato (ipotizziamo 60% del credito). Il credito dovrebbe essere utilizzato per compensare l’imposta di successione dovuta dalla moglie stessa. Di seguito approfondiamo insieme gli aspetti fiscali rilevanti dell’operazione.

In particolare, si tratta di capire:

  • se la moglie, persona fisica non titolare di partita IVA:
    • deve tassare la differenza positiva tra valore nominale del credito e corrispettivo di acquisto (60%)?
    • può utilizzare il credito in compensazione con l’imposta di tassazione?
  • se la società cedente:
    • può dedurre come onere finanziario il predetto differenziale negativo tra valore nominale e corrispettivo di acquisto?
    • potrebbe vedersi contestare l’operazione, stante la pattuizione di un corrispettivo inferiore ai normali valori di mercato?

Quanto ai primi due interrogativi si osserva che:

  • per i contribuenti persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa o di arte o professione che acquistano un credito d’imposta di cui all’art. 121 ad un prezzo inferiore al valore nominale del suddetto credito, il «differenziale positivo» che viene a determinarsi non costituisce reddito non rientrando in alcuna categoria reddituale (circolare 17/E/2023  e risposta ad interpello n. 472/2023 );
  • il credito d’imposta derivante da Superbonus è utilizzabile in compensazione con tutte le somme che possono essere versate tramite il modello F24, salvo che sia stato disposto un espresso divieto al pagamento tramite compensazione (cfr. art. 2-quater , D.L. n. 11/2023 e risposte ad interpello n. 394 e 395/2023). A tali condizioni, pertanto, la compensazione prevista dall’art. 17 comma 1 del D.Lgs. n. 241/97 può essere attivata, anche tra debiti e crediti, compresi quelli di cui all’art. 121 del Decreto Rilancio, nei confronti di enti impositori diversi. In questi termini sembra quindi possibile allargare l’ambito della compensazione anche ai tributi indiretti, inclusa l’imposta di successione ed i diritti di notifica.

Venendo, infine, agli aspetti fiscali per la società si ritiene che:

  • la stessa possa dedurre il differenziale negativo tra il valore nominale del credito e quanto incassato dalla moglie del socio come onere finanziario (C17 CE);
  • non sembra possibile per il Fisco contestare la valorizzazione dell’operazione in quanto, sebbene il corrispettivo pattuito sia inferiore al valore standard di mercato (per il Superbonus ad oggi il range è pari a circa il 70-80% del valore del credito), manca una regola che fissi un “floor” minimo dell’operazione e, pertanto, sembra ragionevole dare rilievo alla libera pattuizione contrattuale delle parti.

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